Bimbo curdo, l’autocritica di Kompatscher «La sua famiglia doveva essere accolta»
Il presidente: qualcosa non ha funzionato. I volontari: ci sono ancora persone che vivono in strada
BOLZANO La Provincia inizia a fare autocritica sul caso di Adan, il profugo disabile morto una settimana fa dopo che gli era stata rifiutata l’accoglienza. «Il bimbo andava accolto, qualcosa non ha funzionato e stiamo cercando di capire cosa» ha detto ieri il presidente della Provincia Arno Kompatscher intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Upad. Autocritica che però non convince le associazioni di aiuto ai rifugiati che ieri hanno denunciato il caso di una ragazza nigeriana che da una settimana dorme in stazione con un bambino di 11 giorni.
É passata una settimana dalla morte del piccolo Adan. Ieri la Bolzano solidale è scesa in piazza per ricordarlo e per chiedere la revoca della circolare che limita l’accoglienza dei profughi fuori quota. La levata di scudi internazionale ha convinto la Provincia a cambiare registro. Così dopo aver accusato per giorni la stampa di aver diffuso notizie false, il presidente Arno Kompatscher ha cambiato rotta. E ha iniziato a fare autocritica.
«É una tragedia che ci ha colpito tutti di fronte alla quale dobbiamo fermarci a riflettere» esordisce il Landeshauptmann che ieri è stato preso di mira da una troupe di piazza Pulita. «Qualcosa non ha funzionato e stiamo cercando di capire cosa. In base alla circolare sui fuori quota, la famiglia doveva essere accolta. Trattandosi di persone vulnerabili andavano presi in carico dai servizi anche se non avevano il titolo giuridico. Ora — continua Kompatscher — vogliamo capire se è stato un problema di interpretazione restrittiva oppure se è stato qualcos’altro. Attediamo anche l’esito dell’inchiesta della magistratura, se avesse funzionato tutto bene, la Procura non starebbe indagando».
É la prima volta che la politica fa apertamente autocritica sulla morte di Adan. Finora si erano sentite solamente difese dei servizi sociali e accuse ai volontari che avevano gestito il caso. Ora, forse anche alla luce delle informazioni raccolte, Kompatscher ammette che i servizi non avrebbero dovuto rifiutarsi di accogliere la famiglia.
Le parole di Kompatscher però non convincono il mondo del volontariato impegnato nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Anzi. Secondo le associazioni i servizi rifiutano sistematicamente l’accoglienza anche a persone vulnerabili. «La tragedia di Adan rischia di ripetersi se non si cambiano le regole» avvertono.
«Guardate qui» dice Anna, una giovane volontaria indicando una ragazza africana con un bimbo piccolissimo sulle spalle. Lei si chiama Blessinguye e il suo piccolo ha 11 giorni. E più di metà della sua vita l’ha trascorsa in strada. I volontari l’hanno trovata al parco stazione.
«Abbiamo trascorso l’ultima notte all’albergo Adria ma ora non sappiamo dove andare. Per sei giorni ho dormito in stazione. Ma fa freddo e mio figlio Samuel ha la tosse» racconta Blessinguye che ha provato ad arrivare in Germania ma è stata fermata sul treno e rispedita indietro. «Stavamo a Venafro ma ci davano solo avanzi e niente soldi. Così — aggiunge indicando l’amica, incinta al quarto mese — abbiamo cercato di raggiungere la Germania, lì trattano meglio gli immigrati. E adesso? Non sappiamo che fare. Siamo tanti a dormire in stazione. Aiutateci per favore».