«Impresa figlia di una visione Oggi manca»
Se necessario non ha mai risparmiato reprimende caustiche, appunti e disappunto. Quando sulle sue spalle poggiava l’ermellino, precisamente dal 2004 al 2013, Davide Bassi ha vissuto il rapporto con la politica in modo franco, dialettico. «Abbiamo anche litigato, e molto», ricorda oggi guardando Lorenzo Dellai. Tuttavia l’ex rettore rende merito ai suoi compagni di viaggio: «Malgrado gli screzi c’era una visione comune e vorrei che quel tempo tornasse, ma oggi purtroppo vedo qualche problema». L’intera parabola del Cimec, del resto, rappresenta la sintesi delle parti, l’incontro tra attori diversi che convergono entro i confini di un progetto condiviso. «Un’impresa affascinante che s’inseriva agli albori del superamento delle discipline consolidate» sottolinea Bassi. Ogni novità, si sa, non è sempre accolta con benevolenza: «E così è stato, specie in un momento in cui si doveva iniziare a tagliare fondi ai dipartimenti; molti colleghi venivano da me, chiedendomi di rinunciare al progetto e lasciare così intatte le risorse». Tentativi sventati. «Resistetti», rimarca l’ex rettore che, pensando ai momenti problematici iniziali, cita una delle scelte più dolorose: «Fui costretto a licenziare un principal investigator per scarso rendimento». Seguirono critiche, clamori mediatici e il timore che per il Cimec la strada fosse in salita: «Invece quella fu una decisione che consentì non solo la sopravvivenza ma lo sviluppo del Centro».
Ancora una volta, infine, Bassi ricorda le felici condizioni che consentirono la nascita del Cimec: «Tutto è stato possibile grazie a una serie di fattori: il contributo di una Fondazione privata nonché la sensibilità della classe politica che non si limitava a vuoti proclami sull’importanza della ricerca ma con concretezza era realmente di supporto».