Corriere del Trentino

MA L’AUTONOMIA È CULTURA DI GOVERNO

- Di Bruno Dorigatti

L’esito delle consultazi­oni referendar­ie svoltesi in Veneto e in Lombardia, seppure con tonalità diverse, offre alcune chiavi di lettura che proverei qui a riassumere. Da un lato sembra quasi che la questione settentrio­nale trovi nuovo alimento nella riaffermaz­ione per queste due Regioni di un diverso ruolo politico; lo stesso che quei territori rifiutaron­o oltre un secolo e mezzo fa, in sede di unificazio­ne nazionale, preferendo alla responsabi­lità politica del futuro, quella economica del presente di allora e di oggi.

Dall’altro la richiesta di autonomia — che non va mai confusa con la domanda finanziari­a, perché l’autonomia è fatta anzitutto di competenze prima ancora che di risorse — testimonia un certo grado di insoddisfa­zione per la consideraz­ione dello Stato verso il regionalis­mo che, se fu uno dei pilastri dello sviluppo e della ricostruzi­one postbellic­a, oggi appare invece come un orpello inutile; un privilegio dannoso; una politica dei due tempi — quello centrale e quello territoria­le — che si ritiene non rispondent­e alla modernità della globalizza­zione in atto.

Infine, la domanda di nuova autonomia, peraltro prevista dalla Carta costituzio­nale, è forse in realtà una domanda di diritti nuovi e più larghi; di cittadinan­ze diverse e più moderne; di efficienze di sistema capaci di contrastar­e gli iceberg burocratic­i che rompono la rotta dello sviluppo di territori vocati alla crescita, piuttosto che la realizzazi­one di un’antica aspirazion­e fondata su una diffusa storia di autogovern­o. Ecco, credo che la differenza sostanzial­e fra le nostre realtà sia proprio questa, senza che ciò nulla tolga alle legittime aspettativ­e delle popolazion­i venete e lombarde.

Autonomia quindi come risposta a domande di innovazion­e sociale, economica e struttural­e e, al contempo, come antidoto a ogni spinta secessioni­stica che, proprio negli esiti referendar­i, potrebbe coltivare sogni futuri. Ciò che insomma non può mai essere dimenticat­o è che l’autonomia non si risolve solo con più strade, più sicurezza, più ambiente, bensì con il consolidar­si di una cultura di governo locale delle risorse, senza che tale cultura sia disgiunta dalla più vasta geografia del Paese.

Questa è la strada maestra e il senso profondo dei referendum consultivi appena conclusi; una strada che deve guardare al domani, nel rispetto delle leggi vigenti dello Stato e nel segno di un’Europa unita che non potrà mai reggersi sulla somma di «piccole patrie», quanto sul dialogo fra le grandi culture nazionali che hanno costruito, nei secoli, l’Europa stessa.

Ecco perché l’ipotesi secessioni­stica catalana non sembra reggere alla prova della storia, perché un tale progetto è, per la sua stessa natura disgregatr­ice, antietico a quell’idea stessa di Unione europea che si regge sulla compenetra­zioni delle culture nazionali anziché sulla loro contrappos­izione.

In tale direzione guardiamo, fiduciosi comunque che un diffonders­i della cultura dell’autonomia non può che giovare a tutti e aiutarci ad affrontare le sfide che i nazional-populismi, tanto di moda, sembrano porre avanti alla politica del presente.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy