Corriere del Trentino

ANNA FRANK «GIALLOROSS­A» E UNA SOCIETÀ PRIVA DI VALORI

- Il caso di Luca Malossini

«Una goliardata»: così gli ultrà della Lazio hanno definito il vergognoso fotomontag­gio con l’immagine di Anna Frank con la maglia romanista diffuso dopo la partita contro il Sassuolo. Una vergogna, un’uscita razzista e xenofoba che ora viene sminuita, anche perché negli anni l’antisemiti­smo dilagante e il continuo revisionis­mo storico messo in atto da estrema destra e neonazisti di tutta Europa è stato in qualche modo sempre tollerato e, dunque, indirettam­ente, alimentato. C’è da augurarsi che l’indagine interna avviata dalla Figc abbia qualche conseguenz­a concreta, anche se mi riservo dei dubbi, visto come di solito vanno a finire simili inchieste. Certo, appare evidente che qualche cortocircu­ito c’è stato e che la messa in vendita dei posti per abbonati come biglietti a un euro abbia favorito l’ingresso degli ultrà allo stadio. Ho invece letto con piacere la dura condanna da parte di tutti gli esponenti politici, dalla Raggi a Renzi: il rispetto per un popolo che è stato sterminato e perseguita­to non deve avere colore politico e non deve venire mai meno, di qualsiasi fazione politica si tratti, perché l’antifascis­mo è un valore sancito dalla Costituzio­ne e deve essere un pilastro fondante delle nostre vite. Quanto accaduto va quindi condannato e bisogna prendere delle contromisu­re efficaci. Incluso il limitare spazi e agibilità politica per certi gruppi che inneggiano al neofascism­o e all’antisemiti­smo. Giuliana Zorzi Gentile signora Zorzi,

Che le curve siano ormai diventate un ricettacol­o di bestialità razziste è sotto gli occhi di tutti. Non farei però un discorso esclusivam­ente legato al calcio. L’ignoranza che ha prodotto l’adesivo di Anna Frank con la maglia della Roma nasce fuori dallo stadio, in una società dove gran parte fatica ancora oggi a conoscere la propria storia, non sa cosa sia stata la Resistenza oppure l’Olocausto. Figurarsi se ha letto il diario della ragazzina ebrea che insieme ad altri sette compagni ha vissuto in clandestin­ità nella casa sul retro in Prinsengra­cht 263 ad Amsterdam. Dopo più di due anni quegli innocenti clandestin­i furono scoperti e deportati nei campi di concentram­ento.

Certo, il calcio non può nascondere la testa sotto la sabbia, deve interrogar­si sul perché tutto il marcio venga molto spesso a concentrar­si all’interno di una curva, dove dovrebbe invece albergare unicamente la passione per la propria squadra del cuore.

Anch’io come lei nutro dubbi in merito all’indagine interna da parte della Figc. Seppure l’idea di leggere una pagina del diario di Anna Frank prima delle partite di oggi sia comunque positiva, non risolve il problema (ci vuole ben altro di un’azione estemporan­ea) ma può accendere le coscienze, fare riflettere. Sono anni che si leggono denunce relative al razzismo da stadio, ho perso il conto in merito a quante commission­i d’indagine sono state fatte. Il risultato finale sono gli adesivi degli ultrà della Lazio con l’effige di Anna Frank. Qualcosa probabilme­nte non ha funzionato.

Sposo totalmente la posizione assunta sul Corriere della Sera di ieri da Massimo Gramellini: «Se fossi un tifoso della Roma — ha scritto — mi appunterei sul petto il fotomontag­gio di Anna Frank, ringrazian­do quei miserabili per avermi ritenuto degno di un così grande onore». Per un giorno almeno sentiamoci tutti Anna Frank.

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