Gallerie Piedicastello L’ultimo atto della Grande guerra
Anteprima sulla mostra alle Gallerie: si parte il primo dicembre Gardumi: «Un percorso in tre parti: soldati, civili e filmati storici»
Isoldati sono allo stremo, nella mente e nelle ossa portano il peso di mesi e anni di guerra. A diversi di loro è probabilmente capitato di vivere la tragica Veglia scolpita da Ungaretti: «Un’intera nottata/ buttato vicino/ a un compagno/ massacrato/ con la sua bocca/ digrignata/ volta al plenilunio». Al contempo, giorno dopo giorno, ogni soldato sente farsi sempre più vera la riflessione che il poeta affida ai versi conclusivi, quella di non essere «mai stato/ tanto attaccato alla vita». Un pensiero che stabilisce un immediato e mai sopito legame con gli affetti più cari, con le persone che «da casa» vivono in trepida attesa.
Soldati e civili, sono questi i due poli attraverso cui nella Galleria Nera si dipanerà L’ultimo anno 1917-1918, la mostra che dall’1 dicembre presso le Gallerie di Piedicastello racconterà il capitolo conclusivo della Grande Guerra. Curata da Lorenzo Gardumi, storico presso la Fondazione museo storico del Trentino, l’esposizione chiuderà le commemorazioni del centenario.
Partendo dall’idea che la guerra costituisce un meccanismo, una sorta di officina che stritola chi vi entra, il percorso espositivo non osserverà una struttura rettilinea, ma si svilupperà per poli tematici che restituiscano la visione di costituire ciascuno una parte del grande ingranaggio. Si agirà anche rappresentando più piani fisici — l’alto, il basso, il lungo, il contorto — con l’obiettivo di far comprendere quanto fosse ridotta la percezione dell’esterno in trincea.
Gardumi, ci anticipa le coordinate principali dell’iniziativa?
«Abbiamo pensato a un percorso strutturato in tre parti principali. Ci sarà un’ampia sezione dedicata interamente ai soldati, e quindi alla loro esperienza pregressa. Non si possono dimenticare infatti i due anni di conflitto già trascorsi, e neppure il contesto nazionale. Mappe, materiale fotografico, cartine permetteranno di individuare i luoghi principali degli scontri militari. Non mancheranno anche degli oggetti più simbolici, distribuiti lungo l’intero percorso. L’ultima parte racconterà invece la guerra dalla parte dei civili, attingerà all’esperienza di coloro, donne e uomini, non coinvolti direttamente, ma comunque mobilitati nel contesto del conflitto».
E la sezione centrale come interverrà tra i due poli di soldati e civili?
«Il cuore della galleria avrà il compito, in certo senso, di “sollevare” il visitare dal racconto precedente e di prepararlo al successivo. Sarà una parte più prettamente cinematografica, con filmati che dovrebbero fungere da spazio di respiro, di allentamento dell’intensità. Ad accompagnare il visitatore ci sarà anche una sorta di percorso parallelo, affidato al riadattamento del diario di una batteria austroungarica, che dal fronte dell’Isonzo, dopo Caporetto si sposta, raggiunge il Piave e quindi gli altipiani. Un documento interessante perché presenta un po’ una sintesi degli avvenimenti del 1917, visti però dalla prospettiva “degli altri”».
Come entrerà in tutto questo la dimensione internazionale del conflitto?
«Una parte introduttiva spiegherà la densità di eventi che caratterizzarono il 1917 e il 1918, con uno sguardo che si allargherà alla situazione militare bellica europea. Spazio sarà dato alla Rivoluzione russa del 1917, sottolineando come in quello stesso momento si raggiunga il culmine della crisi militare, ma anche morale delle potenze dell’Intesa. Per il 1918, invece, il tema principale riguarda l’arrivo delle truppe americane. L’entrata in guerra degli Usa avviene nel 1917, ma è l’anno successivo che si materializza effettivamente sul fronte occidentale».
Verranno affrontate delle riflessioni attorno al tema della vittoria?
«Di fatto, il 1917 è considerato dalla maggior parte degli storici l’anno della crisi, il 1918 quello della vittoria. Ci soffermeremo sul dopo Caporetto, e sulla battaglia di Vittorio Veneto. La parte dedicata ai soldati si chiuderà con l’entrata delle truppe italiane a Trento, mentre per quanto riguarda i civili, non seguiremo un criterio cronologico, ma descriveremo le loro esperienze nelle varie situazioni. Ci occuperemo dei profughi trentini, e dopo Caporetto anche di quelli friulani e veneti che vivono l’esperienza traumatica dell’occupazione austroungarica. Un approfondimento riguarderà anche le donne e i bambini per indagare in che dimensione furono coinvolti nei processi indotti dal conflitto».
Una vittoria tra virgolette, che ha avuto anche costi pesanti dal punto di vista delle perdite umane.
«Sarebbe stato interessante estendere l’analisi all’immediato dopo guerra, e alle varie fratture – economiche, sociali, politiche, ideologiche – che si originano e porteranno all’avvento del fascismo. Abbiamo preferito però concludere la mostra con una sorta di riassunto in termini anche numerici, per ricordare che i caduti militari sono stati 650.000 e oltre 600.000 i civili. Ci sarà poi una sezione dedicata alle lettere che le madri scrivono ai figli al fronte, anche quelle che inviano dopo la guerra per avere notizie sui soldati dispersi. Lettere spesso rimaste senza risposta».