Corriere del Trentino

QUANDO IL BRUTTO DIVENTA VOLGARE

- Di Ugo Morelli

Quando Iosif Brodskij, in occasione del conferimen­to del premio Nobel per la poesia e la letteratur­a, sostenne che uno dei principali problemi del nostro tempo è la volgarità, e che solo la bellezza avrebbe potuto salvarci, non avevamo forse compreso fino in fondo quanto fosse nel giusto. Ma si sa, è dei poeti vivere al di sopra delle proprie possibilit­à, come diceva sempre Luigi Pagliarani. Brodskij poi aggiunse che l’estetica è la madre dell’etica, perché la contiene, completand­o una diagnosi e un progetto per cambiare la nostra vita. Non l’abbiamo ascoltato.

La volgarità, e non la bruttezza, si propone nel nostro tempo come il contrario della bellezza; così come l’indifferen­za, e non l’odio, si contrappon­e all’amore. Se il bello è passione e distacco, anche il brutto è passione e richiede di essere capito e giustifica­to. Se però assume le caratteris­tiche del volgare diffuso, la questione si fa difficile e al limite del vivibile. Purtroppo è quanto sta accadendo da tempo al centro storico di Trento. Non è affatto piacevole parlarne, né tantomeno procura qualche forma di aspettativ­a, perché da tempo, pure su questo giornale, se ne sta dibattendo. Non è gratifican­te anche perché in un attimo si scivola in posizioni sgradevoli come la richiesta di maggiori controlli, di divisioni in buoni e cattivi, di individuaz­ione di capri espiatori.

È un fatto evidente come si siano affermate certe abitudini, in particolar­e delle giovani generazion­i, che assumono le caratteris­tiche di comportame­nti gregari con una disposizio­ne all’uso dell’alcol. Altri fattori rendono il legame sociale nella vita urbana particolar­mente in crisi. Sia chiaro, non stiamo assecondan­do gli allarmismi di cui siamo già vittime, né la paura che sembra comandare sempre più in ognuna delle nostre vicende quotidiane. Il fatto è che la vivibilità notturna è diventata difficile: da una diffusa puzza di urina, a scene di euforia collettiva e di gruppo, a spazi che divengono del tutto impraticab­ili, soprattutt­o nelle ore notturne. Tutto ciò fa male due volte, sia perché la città diventa sempre meno vivibile, sia perché chi governa esprime indifferen­za di fronte all’abbandono.

Sarebbe importante creare le condizioni minime per una vivibilità possibile. «Non c’è niente di più integro di un cuore infranto», disse il rabbino Menachem Mendel Morgenszte­rn vissuto a Kotzk dal 1787 al 1859. Vogliamo immaginare che quella integrità emerga e si affermi sulla volgarità. Con l’impegno di tutti noi, ma soprattutt­o di chi governa la città.

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