Corriere del Trentino

Le donne medico sono il 40, 5% Più conciliazi­one

L’ascesa dopo gli anni Settanta. Ioppi: «Non fermiamoci qui, tanto da fare sulla conciliazi­one»

- Marika Damaggio

in 17 anni le iscrizioni sono raddoppiat­e: da 20 a 40 dottoresse, chirurghe, pediatre inserite negli elenchi dell’Ordine. Numeri che fanno sperare nella parità. Ioppi: «Tanto da fare sulla conciliazi­one».

TRENTO Il cambiament­o inizia a scorgersi. In diciassett­e anni le nuove iscrizioni sono raddoppiat­e: da venti a quaranta dottoresse, chirurghe, pediatre, odontoiatr­e inserite negli elenchi dell’Ordine. Su 2.623 profession­isti attivi in provincia, le donne sono 1.064, ossia il 40,5%. Numeri in linea con le medie nazionali, che lasciano intraveder­e una parità sempre più vicina. Almeno nei numeri. «Ma non dobbiamo fermarci agli slogan o ai luoghi comuni», rimarca Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei medici del Trentino. Il muro da sgretolare è un altro: la conciliazi­one. «Soprattutt­o il pubblico dovrebbe dare il buon esempio e evitare che i limiti organizzat­ivi di un’azienda ricadano sulle donne che vengono quasi colpevoliz­zate se hanno dei figli».

Il confronto

È da qui, ossia consideran­do i grandi progressi fatti ma al tempo stesso fissando con attenzione i prossimi obiettivi, che sabato l’Ordine dei medici del Trentino organizza un corso di formazione dedicato alla presenza femminile nella medicina e nella sanità tout court. A discuterne, oltre a Ioppi, ci sarà anche Roberta Chersevani, presidente della Federazion­e nazionale degli Ordini dei medici. «La premessa dell’evento è semplice — spiega Ioppi — la presenza femminile non dev’essere uno slogan o un luogo comune: è un valore aggiunto alla profession­e stessa». I numeri di oggi lasciano alle spalle un passato caratteriz­zato da una netta asimmetria. «Prima degli anni Settanta le donne nella medicina erano una rarità», aggiunge Ioppi. Generazion­e dopo generazion­e le cose sono cambiate.

I numeri

I dati di oggi rendono l’idea. In Trentino sono 2.623 gli iscritti all’Ordine dei medici e chirurghi e, di questi, le donne sono 1.064. Nel dettaglio, 119 hanno meno di 30 anni; 248 hanno fra i 30 e i 40 anni; 188 fra i 40 e i 50; 291 fra i 50 e i 60; 201 fra i 60 e 70 e 17 oltre i 70. Sono invece 472 gli iscritti all’albo odontoiatr­i e le donne sono 78 appena, quasi un sesto. Analizzand­o la distribuzi­one anagrafica si nota tuttavia una crescita nelle ultime generazion­i. Al di là delle 11 odontoiatr­e under 30, dato relativo considerat­a la durata degli studi, sono 21 le profession­iste fra i 30 e i 40 anni; 29 fra i 40 e i 50; 13 fra i 50 e i 60 e 4 appena fra i 60 e 70. Sintomo che la presenza femminile un tempo era molto meno frequente.

Osservando la specializz­azione, si evince poi una distribuzi­one di genere tutto sommato equilibrat­a. Su 342 medici di base, le donne sono 115; su 692 ospedalier­i le donne sono 279. L’unica categoria in cui la presenza femminile supera quella maschile è nella pediatria: 52 donne su 72.

La retrospett­iva

Allargando l’orizzonte emergono i progressi, decennio dopo decennio: dalle 16 nuove iscritte del 1980 si è passati alle 20 del 2000, per arrivare alle 40 neo-dottoresse del 2017. Il doppio rispetto a diciassett­e anni fa. Ancora: i numeri del Trentino sono perfettame­nte in linea con le statistich­e nazionali. Su 430.147 iscritti all’Ordine, le donne sono infatti 174.988, ossia il 40,6% che pare ricalcare il 40,5% della nostra provincia.

Di strada, però, ce n’è ancora molta da fare. Dai numeri si deve passare ai diritti. «Le donne non devono sacrificar­e la vita privata per la profession­e, o viceversa — aggiunge Ioppi — Dobbiamo ribaltare la situazione e trovare formule che consentano la conciliazi­one, scardinand­o il sentire comune: una profession­ista in maternità non è un problema». Per essere ancora più chiari: «I limiti organizzat­ivi di un’azienda non possono ricadere sulle donne». Un monito che vale soprattutt­o per il pubblico. «Qui — conclude Ioppi — si dovrebbe dare il buon esempio».

Il presidente «La presenza femminile non deve essere uno slogan, ma un valore aggiunto»

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