Azioni Iccrea, Brescia punta i piedi
La lettera: battaglia legale senza accordo sullo smobilizzo Le banche aderenti a Ccb hanno il 23% della holding romana
TRENTO Il problema delle azioni di Iccrea «in pancia» alle 100 banche che aderiranno al gruppo trentino di Cassa centrale banca sale di livello. Il Credito cooperativo di Brescia, una delle banche più grandi della galassia Ccb, ha mandato a Iccrea e alla Banca d’Italia una lettera che promette iniziative legali nel caso non si trovasse un accordo sulle quote incrociate.
Nel complesso il gruppo di banche che aderisce a Ccb ha il 22,7% di Iccrea banca, per un corrispettivo di 260-270 milioni di euro. Il presidente del gruppo, Giorgio Fracalossi, ha espresso la volontà di vendere questo pacchetto, a Iccrea (o alle sue banche) oppure a un acquirente terzo. In un’operazione che parte dal miliardo di patrimonio che deve raggiungere Ccb per essere capogruppo (il 13 novembre la sottoscrizione dell’aumento, con un livello che però viene annunciato già a 1,2 miliardi), le quote in Iccrea valgono un quarto di questa cifra. Da Roma però non arriva alcun segnale di apertura: comprare le azioni delle banche «pro-Ccb» significherebbe fare un graditissimo regalo al gruppo avversario, mentre la vendita a soggetti terzi pare presenti problemi statutari. Se le cose però rimangono così, le banche di Ccb avranno in mano quasi il 23% del capitale dell’avversaria Iccrea, questione altrettanto spinosa, ad esempio in termini di rappresentanza.
Ecco che allora si fa sentire Bcc Brescia, colosso da 242 milioni di patrimonio, con 3 miliardi di raccolta e 1,6 di impieghi. La sua dotazione di azioni Iccrea vale 13 milioni di euro, più o meno il 5% dell’intero ammontare. Il testo dice che in assenza di una soluzione «ragionevole e concordata», Bcc Brescia «non potrà esimersi dal tutelare il proprio interesse», invocando «l’incostituzionalità della disapplicazione del diritto di recesso prevista nell’articolo 2 della legge di riforma» delle Bcc. Inoltre le Bcc azioniste di Iccrea e aderenti a Ccb «sarebbero costrette, loro malgrado ad attivare azioni giudiziarie», che «potrebbero intralciare la tempistica della riforma». Non è escluso che nei prossimi tempi altre banche seguano l’esempio di Brescia.
Intanto, sul fronte trentino, oggi verrà ufficializzata la fusione a quattro fra alcune Casse rurali della Val di Non: Tuenno, Anaunia, Bassa Anaunia e Tassullo Nanno. Si creerà uno degli istituti più rilevanti della provincia, con oltre 2 miliardi di masse amministrate, 158 milioni di patrimonio e un Cet 1 intorno al 20%.