«Via le intitolazioni a Cadorna Disprezzava le truppe e il mondo»
L’appello dello scrittore Camon: «Ha riportato solo sconfitte e 13.000 morti»
TRENTO «Un capo di stato maggiore che non ha fatto la guerra per conquistare uno stato per un popolo, ma per conquistare un regno per un re». Con queste parole Ferdinando Camon, scrittore originario della campagna padovana, tratteggia l’indole del generale Luigi Cadorna. Un personaggio ostinato a non abbandonare una tattica militare fatale, da Camon dipinto come un individuo privo di umanità che «portò l’esercito italiano al suicidio». A cent’anni dalla disfatta di Caporetto, luci e ombre del controverso generale piemontese verranno poste al centro del dibattito «Eroi e presunti tali. Il caso del generale Cadorna» (giovedì 9 novembre, ore 18, presso la fondazione Caritro di Rovereto).
Un personaggio storico si giudica dalle gesta che ha compiuto. Come descrive Cadorna?
«La tattica che utilizzava in battaglia dipinge un uomo che disprezza le proprie truppe e l’umanità. Ogni volta, costringeva il suo esercito ad attacchi frontali che erano veri e propri suicidi. Le masse di soldati mostravano il petto alle mitragliatrici degli avversari senza alcuna speranza di vincere. Anche il nemico era sconvolto. Gli austriaci arrivarono a dire: “Basta, italiani, non fatevi uccidere così”; lo riporta Lussu in Un anno sull’Altopiano. Eppure, il generale non accennò mai a fare un passo indietro: sull’Isonzo condusse 11 battaglie, tutte perse. Caporetto fu la dodicesima sconfitta».
Il 24 ottobre 1917, giorno della disfatta di Caporetto, fu l’ultimo da condottiero per il generale.
«Soltanto perché il re accettò finalmente il consiglio degli alleati britannici, che già più volte si erano detti disposti a mandare divisioni, a patto che venisse sostituito Cadorna. Patisco se penso a tutti i morti che si sarebbero evitati utilizzando altre pratiche di combattimento sull’altopiano di Asiago».
La descrizione che ha fatto poco fa coincide con lo storytelling legato alla figura di Cadorna?
«L’ambiente militare non lo sminuisce per non sminuire se stesso. Pochi giorni fa, sono rimasto di stucco nel sentire il comandante supremo delle forze armate italiane avere nei confronti di Cadorna parole che non sono né di disprezzo né di condanna. Gli storici, invece, vedono la realtà dei fatti: un generale che ha portato solo sconfitte e 13.000 morti, senza profitto, e che quindi va giudicato con biasimo».
Eppure tanti luoghi sono lui intitolati, soprattutto nel nord Italia. Sembra una contraddizione.
«Li ho contati: tra memoriali e toponomastica, il nome del generale compare ben 625 volte».
Come mai Luigi Cadorna è stato inserito nella toponomastica italiana?
«Anche se lo Stato dichiarò che la colpa della disfatta di Caporetto fosse del generale, per l’Italia trovarsi tra i vincitori della guerra fu la scusa per trascurare la questione. La volontà di denominare vie o piazze come il responsabile di Caporetto fu prima del re e, successivamente, di Mussolini, che intendeva rafforzare il rapporto tra l’esercito e la nazione. Oggi manca la coscienza storica ed etica di questa colpa, manca il senso civico di pretendere la rimozione di certe targhe».
Lei si è battuto per rinominare le piazze o le vie intitolate al generale. Le è stato dato ascolto?
«Ho chiesto ad alcune amministrazioni locali che venissero tolte le targhe intestate a Cadorna. Sono stato appagato dalla decisione di Udine, la stessa in cui si trovava la sede del comando di Cadorna, di cambiare il nome di piazza Cadorna in piazza dell’Unità d’Italia. A Padova, invece ho raccolto appena 3000 firme».
Il nome di Cadorna nelle piazze o su monumenti italiani, può dare origine ad equivoci sulla figura del generale?
«Sì. La gente si aspetta che compaiano per le strade i nomi di chi ha portato un contributo positivo allo stato o all’umanità. Cadorna non è uno di questi. Anzi, ha avuto nei confronti dell’essere umano disprezzo, trattando il soldato come un oggetto».