Corriere del Trentino

UN’ONESTA IMPOPOLARI­TÀ

- Di Marco Brunazzo

Ha ragione chi sostiene, non ultimo ieri Sergio Fabbrini sulle colonne del nostro giornale, che il voto siciliano per tanti motivi non sia generalizz­abile. Vi sono numerose dinamiche specifiche alla Sicilia che rendono il risultato non facilmente esportabil­e. Plausibile pensare che alle prossime politiche il Pd faccia meglio, o che gli equilibri all’interno della coalizione di centrodest­ra cambino, o che il M5S ottenga meno consenso in una competizio­ne tripolare (in Sicilia il centrosini­stra non ha mai «brillato» per i suoi successi). Il voto siciliano, tuttavia, ci parla (e molto) anche di dinamiche nazionali . Ci dice delle aspettativ­e degli elettori, delle difficoltà dei partiti di mobilitarl­i, del crescente fenomeno dell’astensione. Ci conferma, insomma, che in Sicilia, come più in generale nel resto d’Italia (e, con ogni probabilit­à, anche in Trentino), i partiti non siano più in grado di rappresent­are le domande degli elettori, e che questi ultimi faticano a riconoscer­si nei partiti stessi. A tutto vantaggio di quelle forze politiche che hanno come primo punto all’ordine del giorno l’«annientame­nto» del sistema politico attuale.

Domanda e offerta sono due concetti chiave del diritto e dell’economia, ma utili anche a spiegare la «polis». Non me ne vorrà Giovanni Pascuzzi che, circa un anno fa, sul Corriere del Trentino, sosteneva quanto i termini domanda e offerta applicati alla politica generasser­o in lui disagio, dato che essa non è il «mercato del consenso». Pur essendo d’accordo, userò tali concetti perché intuitivam­ente immediati. Osservando il dibattito politico attuale, mi pare che mai la distanza tra domanda e offerta politica sia stata più ampia. I cittadini chiedono cose che i partiti non sanno o non possono dare; i partiti propongono soluzioni che gli elettori non percepisco­no come tali. La distanza costituisc­e il terreno su cui crescono i movimenti che fanno dell’antipoliti­ca o dell’impolitica il loro programma. Dobbiamo però dubitare anche di chi critica la politica e subito dopo chiede che le istituzion­i (politiche) facciano di più. Come se ne esce? Probabilme­nte riprendend­o la lezione di Churchill, ovvero «il primo compito del governo è governare», anche se ciò può saltuariam­ente richiedere di prendere decisioni impopolari. L’ammissione che non sempre tutto è possibile aiuterebbe i cittadini disorienta­ti a riconcilia­rsi con la politica, permettend­o alla stessa politica di riappropri­arsi dell’orgoglio con cui deve esercitare il proprio ruolo, e che sembra avere smarrito.

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