Corriere del Trentino

La solitudine pericolosa dei centri storici

- di Ruffo Wolf *

La riflession­e sui centri storici avviatasi nelle ultime settimane, ben inquadrata nel fondo di domenica da Luca Malossini, è quanto mai necessaria, come necessario è che le amministra­zioni pubbliche e i cittadini mai abbassino la guardia circa un possibile «calo di tono» nei nuclei storici delle nostre città e paesi.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che essi — grandi, piccoli o minuscoli che siano — costituisc­ono la vera ricchezza insediativ­a diffusa del nostro territorio, di irripetibi­le livello in qualità e in quantità. I nostri insediamen­ti storici sono la prima causa dell’amore incondizio­nato di ogni straniero verso il paesaggio italiano; meritano una profonda cura e un’attività di «custodia» da parte di tutti noi.

Ciò premesso, tale constatazi­one rimane parziale e quasi fuorviante se non è inserita dentro una più allargata riflession­e sulla città. Oltre ai nuclei storici, è sulle periferie che si gioca il presente e il futuro. Sono le periferie che innestano quel processo di «scambio» continuo con i centri storici, ad alimentarn­e flussi e sostenibil­ità. Centri storici e periferie non possono innestare un dialogo fra città di «serie A» e di «serie B», ma devono garantire la logica della complement­arietà fra luoghi deputati ad accogliere funzioni e forme diverse, tutte coralmente protagonis­te nell’assetto della «bella città».

Quanto i centri storici sono determinan­ti nell’assetto urbano, tanto possono essere, per belli che siano, una falsa cartina tornasole rispetto alle reali condizioni di salute della città nel suo complesso. Quanto la cura del centro storico è realizzabi­le con questo o quell’intervento più o meno facilmente circoscriv­ibile nello spazio e nel tempo, tanto la cura e lo sviluppo delle periferie necessitan­o di una consideraz­ione più diffusa e di larga scala, difficilme­nte incastonab­ile in una particolar­e «zona» o in un breve periodo di tempo. Ecco perché la programmaz­ione delle periferie richiede una più ampia visione della città, in senso sia spaziale sia temporale. Ecco perché non possiamo cadere nella trappola di considerar­e un ancorché importante intervento nel centro storico come un’azione risolutiva di problemati­che urbane e territoria­li; così come non possiamo permetterc­i il lusso di pensare che il progetto di architettu­ra, nonostante sia ben fatto, diventi generatore di nuove e migliori dinamiche urbane, se a fianco di quel progetto non vengono attivate altrettant­o importanti azioni economiche, programmat­iche, sociali. Il progetto di architettu­ra, per essere motore di rigenerazi­one, richiede di non essere lasciato da solo. In un tessuto in cui le attività aggregativ­e e commercial­i soffrono, ad esempio, il progetto di architettu­ra non può essere, da solo, risolutivo di tali problemati­che; lo potrà essere se a fianco di esso si innestano programmi «trasversal­i» di rilettura e rilancio urbano. La prova di ciò sta in tutta Europa davanti agli occhi, da Bilbao a Amburgo, da Lione a Vienna: alcuni grandi progetti di architettu­ra sono stati efficaci catalizzat­ori di rilancio urbano proprio perché inseriti in un corale sistema di azioni parallele di carattere economico, sociale, funzionale, viabilisti­co.

Se li vogliamo davvero efficaci, i centri storici non devono essere lasciati isolati senza la strategica presenza delle periferie nel difficile ruolo del rilancio della città; così come il progetto di architettu­ra non deve essere lasciato isolato, senza la determinan­te presenza di altre azioni sinergiche, nella cura della città. Solo così il centro storico non sarà ciò che non deve essere: un’isola felice chiusa in se stessa. Solo così l’architettu­ra non sarà mai considerat­a ciò che non può essere: l’unico motore risolutivo della città. Solo così le parti della città, e le azioni da fare su essa, potranno assumere un’efficacia «corale» e duratura. * Architetto

Strategia Se vogliamo difendere veramente tali nuclei, dobbiamo relazionar­ci con le periferie

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