Anthony ritrova il sorriso Riconosciuti i genitori Indagini nel nord Europa
Il bambino ha riconosciuto in foto la famiglia: si troverebbe nel nord Europa, ricerche in corso della polizia La svolta grazie all’aiuto dei volontari e di una mediatrice. Cronista in corsia, l’Asl minaccia provvedimenti
Quando una mediatrice culturale gli si è rivolta in «krio», la sua lingua madre, il piccolo Anthony, il profugo di 5 anni trovato lunedì al Brennero da solo su un treno merci, ha sorriso e, di fronte ad alcune foto ritraenti persone della Sierra Leone transitate recentemente in Italia, non ha avuto dubbi: ha riconosciuto i genitori e una zia. Le autorità sono al lavoro per rintracciare la mamma e il papà: la priorità è capire cosa abbia portato alla separazione fra loro e il piccolo e se la famiglia sia idonea per il riaffidamento.
BOLZANO Difficile poter parlare di «lieto fine» in una storia di fughe e disperazione, ma c’è comunque una svolta importante nelle indagini volte a rintracciare la famiglia del piccolo Anthony, il profugo di 5 anni trovato all’alba di lunedì al Brennero da solo sul pianale di un treno merci.
Nella serata di mercoledì la squadra Mobile di Bolzano guidata da Giuseppe Tricarico ha avuto un colloquio con il piccolo: gli investigatori, coadiuvati da una mediatrice della Sierra Leone giunta appositamente dal Piemonte, hanno mostrato al piccolo delle foto inviate alla Questura di Bolzano da alcune associazioni, ritraenti persone della Sierra Leone recentemente transitate in Italia. A quanto pare, davanti a quelle immagini, il piccolo non ha avuto dubbi e ha indicato prima una zia, poi la mamma e il papà. Anthony, che parla il «krio», un dialetto locale misto a inglese, ha inoltre confermato di avere una sorellina, che gli inquirenti ritengono invece sia rimasta con i genitori. Le novità sull’indagine sono state comunicate ieri dalla Procuratrice dei minori Antonella Fava, in una conferenza stampa congiunta con il Questore Giuseppe Racca e il dirigente della squadra Mobile Giuseppe Tricarico. «Abbiamo ora attivato le autorità per rintracciare i genitori e avere al più presto un colloquio con loro. La nostra priorità — ha spiegato la Procuratrice Fava — è sentirli e capire cosa abbia portato alla separazione dal bambino». Il piccolo, infatti, ha raccontato di aver intrapreso il viaggio insieme alla famiglia, con la quale, però, a un certo punto si sarebbe perso. I motivi e il luogo in cui questo è avvenuto sono ancora da chiarire, come non è ancora accertato dove esattamente il piccolo sia salito a bordo del merci dove è stato ritrovato. Anche per questo, «c’è urgenrettore za di sentire la famiglia e capire se siano idonei per un riaffidamento».
Racca, dal canto suo, ha lodato «il lavoro di questi giorni in sinergia con la Procura e le associazioni, che attraverso un grande passaparola sono riuscite a fornire un aiuto decisivo». Nel frattempo, il piccolo verrà collocato in un contesto protetto finché non si chiarirà la situazione. Al momento, comunque, non risulta che i genitori del piccolo si siano fatti vivi con le forze dell’ordine, ma anche sul punto sono tanti gli interrogativi: hanno forse paura di rivolgersi alla polizia temendo conseguenze? oppure credono che il piccolo sia morto durante il viaggio?
La procuratrice Fava ha inoltre stigmatizzato il comportamento di una giornalista di una testata nazionale che mercoledì, nonostante il diniego dei medici, si sarebbe introdotta nella stanza dell’ospedale dove era ricoverato il bimbo. «Intraprenderemo tutti i procedimenti previsti dalla legge contro questa grave violazione nei confronti della privacy del minore», ha preannunciato. Ancora più dura la nota dell’Azienda sanitaria, che ieri ha fatto sapere, per bocca del di- Schael, di star valutando «azioni legali» nei confronti della giornalista, auspicando un intervento deciso da parte dell’Ordine. Nella nota diffusa, l’ Azienda chiede «una decisa ed immediata condanna del gesto perpetrato, augurandosi in particolare che si vigili affinché nessuna immagine del piccolo venga diffusa a livello locale e nazionale. Non può essere tollerato che a un bambino già così duramente provato venga inflitto anche il supplizio di uno “scoop giornalistico”».
La Procura «Abbiamo urgenza di ascoltare i parenti per capire come mai sia avvenuta la separazione dal piccolo e in quale luogo»