Moiraghi: «Yoga, un modo diverso di vivere la vita»
La nuova collana del Corriere vanta un’autrice roveretana. Domani la presentazione
TRENTO C’è anche un po’ di Trentino nella collana Yoga. Teoria e pratica promossa dalla Yani (Yoga Associazione nazionale insegnanti) per fare chiarezza su questa disciplina che tra ginnastica, esoterismo e ricerca filosofica si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Italia. Il quattordicesimo volume della serie, in uscita venerdì 24 novembre con il Corriere della Sera, porta infatti la firma della filosofa Giulia Moiraghi, fondatrice del centro Fenomeno Yoga di Rovereto. Domani l’autrice presenterà il manuale in anteprima alle 18.30 presso la biblioteca civica Tartarotti insieme a Enrico Franco, direttore del Corriere del Trentino.
Giulia, noi profani tendiamo ad associare lo yoga alla calma e alla pace dei sensi. Il suo libro reca invece in copertina il dirompente titolo «Cura e ardore. Il rigore e la passione della pratica».
«Si tratta di due posizioni contrapposte solo in apparenza, ma in realtà unite nel cosiddetto “tapas”, il ciclo di distruzione e rinascita teorizzato in India ancora prima dell’avvento di Alessandro Magno. Lo yoga è infatti una pratica psico-sperimentale che agisce sia sul piano fisico che sul cervello, aiutandoci ad avere un rapporto più sereno con il tempo».
Un aiuto concreto per sfuggire alla pressione e alla fre- nesia della società moderna?
«Esatto. Un nuovo modo di stare al mondo uscendo dalla logica della prestazione, del binomio che vede i momenti di iperattività alternarsi alla più totale apatia e rassegnazione. Le diverse figure posturali dello yoga, dette «asana», così come le tecniche respiratorie e di concentrazione, ci permettono di restare in equilibrio e di goderci il presente senza restare intrappolati nel pesante fardello che è il nostro passato. Di qui l’idea di scatenare «l’ardore», inteso come la furia distruttrice dei nemici, per fare piazza pulita dei preconcetti e lasciare spazio alla fase della «cura» ovvero all’esperienza grezza e alle micropercezioni sensoriali sepolte sotto le sovrastrutture mentali».
Nei «Veda», i testi sacri degli induisti, il pericolo è rappresentato da creature mitologiche e divinità avversarie. Qual è invece il nemico dell’uomo moderno?
«L’atteggiamento annoiato, che impedisce di provare stupore e di osservare in maniera pulita ciò che ci circonda».
Potremmo dunque azzardare che attraverso la filosofia, la storia e gli esercizi pratici descritti nel suo manuale, lei cerca di aiutare il lettore a riscoprire quel «senso della meraviglia» che lo stesso Platone definiva parte fondante della natura umana?
«Sì, possiamo dire che il mio è un approccio “fenomenologico” allo yoga, volto a creare un ponte tra la cultura occidentale che mi ha vista nascere e quella orientale che mi affascina sin da quando, ancora bambina, accompagnavo i miei genitori nei loro viaggi in India».
Una passione suffragata da una solida attività di ricerca scientifica, come denotano la sua laurea con lode in filosofia all’Università di Milano e il dottorato di ricerca in Estetica contemporanea conseguito a Verona.
«Uno dei miei filosofi preferiti è Edmund Husserl, padre nobile della fenomenologia moderna che, ispirandosi a Pirrone di Elide, ci invita all’epochè, ovvero alla sospensione del giudizio volta ad evitare che il ricordo delle esperienze passate influenzi quelle attuali. Un insegnamento che noi occidentali facciamo nostro attraverso il metodo scientifico e che invece gli orientali raggiungono con la meditazione yogica».
Insomma, due correnti di pensiero separate dal tempo e dalla geografia, ma unite nell’invito ad una vita libera dagli stereotipi?
«Esatto e anche utili alle scienze cognitive per proporre nuovi modelli comportamentali capaci di ridimensionare l’ego ipertrofico della società moderna e di riscoprire il valore della relazione».