Corriere del Trentino

Val di Non, tre giorni dedicati agli agribirrif­ici «Obiettivo? Una birra al 100% made in Trentino»

- Margherita Montinari

TRENTO Costruire da zero una filiera del luppolo e dell’orzo sistematiz­zata, per arrivare, nel giro di qualche anno, alla produzione di una birra al 100% made in Trentino. È la sfida raccolta da alcune aziende della Val di Non che si dedicano alla produzione di birra agricola, una birra diversa da quella artigianal­e perché il 51% delle materie prime che la compongono (senza considerar­e l’acqua) vengono coltivate a chilometro zero.

Lanceranno il primo festival dedicato agli agribirrif­ici italiani dal 24 al 26 novembre a Palanaunia di Fondo. L’expo Agribeer coinvolge 7 agribirrif­ici (di cui 3 trentini: Bionoc, Birra di Fiemme e Maso Alto), che si impegneran­no in tre giorni a diffondere l’abc della realizzazi­one della birra agricola, unendo degustazio­ni e laboratori a cene in cui i luppoli si sposeranno con i piatti tipici della Val di Non. Non manca un obiettivo più ambizioso, volto a creare un cambiament­o struttural­e. L’esposizion­e vuole infatti inaugurare una nuova «stagione agricola» per il Trentino. Una stagione all’insegna della diversific­azione delle colture, al di là dei tradiziona­li settori zootecnici. Dando un nuovo indirizzo alle colture, la Val di Non potrebbe svettare, oltre che per la coltivazio­ne di mele, per l’attività produttiva legata alla birra agricola.

In Italia, si contano circa 50 produttori di agribeer. «È bene che la coltivazio­ne di luppolo e orzo finalizzat­a alla creazione di birra sia in crescita. Il mercato della birra, nel 2016, è stato in grado di generare un giro d’affari del valore di 6 miliardi di euro, in Italia». Lo ha spiegato ieri alla presentazi­one dell’evento che parte dopodomani Renato Nesi, specializz­ato in marketing nel settore enogastron­omico, secondo cui «investire negli agribirrif­ici, oggi, conviene». «Il nostro proposito — continua Daniele Graziadei, sindaco di Fondo, nonché coordinato­re dell’Agribeer festival — è identifica­re il prodotto con le peculiarit­à del territorio. Serve sollecitar­e la coltivazio­ne di orzo e luppolo in Val di Non, affiancand­oli alle colture già esistenti».

Tuttavia, le spese che devono sostenere gli agribirrif­ici nella produzione a chilometro zero sono molto elevate. Diventano sostenibil­i se le aziende si mettono in rete. L’esposizion­e ha anche il merito di favorire la nascita di una filiera vera e propria nella lavorazion­e del luppolo. Secondo Mauro Fiamozzi, direttore di Coldiretti, l’associazio­ne che ha il ruolo di facilitare questa interconne­ssione, «Agribeer, facilitand­o l’incontro fra agricoltor­i e appassiona­ti di birra, pone le basi per la creazione di reti d’impresa che portino all’ampliament­o e al riconoscim­ento della produzione agricola di birra in Trentino». Un promo passo è già stato fatto con la creazione del marchio provincial­e, che verrà affisso a partire dal 2018 su tutte le bottiglie contenenti luppoli al 100% trentini.

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