Corriere del Trentino

Critiche strumental­i

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L’Italia e il mondo stanno mutando con una velocità sorprenden­te e continuano a cambiare ben più di quanto ognuno di noi possa immaginars­i. Il fenomeno migratorio la fa da padrone in questo processo di trasformaz­ione. È mutata la composizio­ne della popolazion­e che abita il nostro Paese: altre donne e uomini, provenient­i da diversi territori del pianeta, hanno iniziato a farvi parte. Diventando ogni giorno protagonis­ti sia di cronaca sia di storie a lieto fine. Ciascun individuo contribuis­ce ad apportare un cambiament­o, nel male e nel bene. L’incontro tra stranieri assume una rilevanza fondamenta­le, il tema da affrontare è tanto urgente e necessario quanto, ovviamente, complesso.

La nuova legge sulla cittadinan­za, lo «ius soli temperato», non può venire ulteriorme­nte dilazionat­a e trascinata da critiche strumental­i. Bisogna ragionare e approfondi­re cosa induca un essere umano a percepire un suo simile come un estraneo, come un individuo radicalmen­te diverso da sé. Sono spesso immagini e stereotipi a fornire quest’impression­e: il colore della pelle, i tratti del volto, l’abbigliame­nto e perché no anche l’atteggiame­nto. A volte basta veramente poco, un colpo d’occhio è più che sufficient­e. È attraverso l’emergere impulsivo che subito trova espression­e l’insieme di quei pregiudizi che spesso finiscono per diventare argini sconfinati o gli stessi

mari che molti hanno attraversa­to. Paura, inibizione o, al contrario, incontenib­ili e volubili slanci empatici sono gli stati d’animo più frequenti che si associano a una simile modalità d’approccio o, forse, più realistica­mente, evitare l’incontro con l’altro.

Un essere umano non può non possedere un’identità e, in un certa misura, non ambire

a essa. Un essere umano non può abbandonar­e dietro a sé la propria cultura e sposare in maniera univoca l’altra: scorciatoi­e o rapide soluzioni non esistono. L’integrazio­ne richiede il tempo necessario. Bisogna agevolare ogni essere umano — indipenden­temente dalla sua cultura natia o dal colore della sua pelle, dalla sua età o dal suo sesso — a riscoprire una parola o un gesto che lo aiuti a recuperare la differenza che caratteriz­za l’unicità della sua esistenza, nel rispetto di sé stesso e degli altri. Perché la coesione sia possibile, proprio a partire da quell’essere stranieri che ci accomuna. Jacopo Zannini e Tarik En Nakhai, Sinistra italiana del Trentino

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