Corriere del Trentino

Malaria, le analisi della Procura confermano il contagio al S. Chiara

Perizia, prime anticipazi­oni. L’Azienda sanitaria: «Ecco la relazione, protocolli rigorosi»

- Dafne Roat

«Più marcatori identici, il ceppo malarico è lo stesso». Il risultato delle analisi condotte nel laboratori­o Negrar confermano i dati dell’Iss. La notizia arriva dalle prime anticipazi­oni fornite alla Procura dai due consulenti incaricati di far luce sulla morte della piccola Sofia Zago. Il contagio è quindi avvenuto in ospedale. Intanto l’Azienda sanitaria consegna la relazione dell’indagine interna.

TRENTO La prudenza è d’obbligo, ma a questo punto è difficile ipotizzare una tesi diversa da quella del contagio ospedalier­o. «Abbiamo escluso la zanzara, i tempi di incubazion­e non tornano, anche l’ipotesi della zanzara in valigia diventa bizzarra» commenta il procurator­e Marco Gallina. Quindi contagio in ospedale. «È una delle uniche ipotesi se si esclude la zanzara» dice Gallina.

La Procura non aggiunge altro. Non vuole interpreta­re dati prima ancora di leggere la relazione finale dei consulenti, la dottoressa Federica Bortolotti dell’Istituto di medicina legale di Verona e l’infettivol­ogo Angelo Antonio Cazzadori. Spetta a loro il compito di interpreta­re numeri e dati del laboratori­o; il documento potrebbe arrivare sul tavolo del procurator­e tra un paio di settimane, ma è chiaro che i risultati del Centro malattie tropicali Negrar, contenuti in un breve documento consegnato ieri in Procura, sono eloquenti e di fatto confermano gli esiti delle analisi condotte a Roma, contenuti nel report dell’Istituto superiore di sanità. C’è un margine di certezza ancora maggiore, però. Il ceppo del parassita malarico, il Plasmodium falciparum, che ha ucciso la piccola Sofia Zago, la bimba di quattro anni di Piedicaste­llo morta per malaria il 4 settembre scorso agli Spetali Riuniti di Brescia, è lo stesso di una delle bambine del Burkina Faso, ricoverate al Santa Chiara di Trento nello stesso periodo. Ma gli esperti di Verona hanno trovato più marcatori identici, rispetto ai colleghi romani che avevano riscontrat­o tre punti di identità. In realtà poco cambia, da un punto di vista scientific­o bastano tre marcatori per poter affermare l’identità del ceppo, ma le analisi di Verona non lasciano dubbi. Sono le prime anticipazi­oni fatte alla Procura dai due consulenti in attesa della relazione finale che conterrà anche una valutazion­e nel merito sul contagio ematico e sulle possibili cause. Le indagini storiche, condotte dai carabinier­i del Nas di Trento, sono concluse, nelle mani dei due consulenti ci sono tutte le cartelle cliniche e gli accertamen­ti fatti, su questo doLuca vranno lavorare i consulenti per far luce sulla morte della piccola Sofia.

Seppure i risultati erano ormai quasi scontati, dopo il report dell’Iss, le analisi del Negrar rappresent­ano un nuovo duro colpo per la sanità trentina e in particolar­e per il S. Chiara. Si aggiunge un nuovo tassello alle indagini che ormai stanno prendendo un’unica direzione. «Attendiamo l’esito delle indagini — commenta l’assessore alla sanità, Zeni — questi dati sono un ulteriore tassello, la Procura sta facendo il suo lavoro. La collaboraz­ione da parte nostra è totale, nell’interesse comune di capire che cosa è successo».

L’Azienda sanitaria non commenta. Con una nota fa sapere che è stata consegnata in Procura la relazione stilata dalla commission­e interna, presieduta dal professor Giuseppe Ippolito, direttore scientific­o delle malattie infettive Lazzaro Spallanzan­i di Roma e composta dai medici dell’Apss Eugenio Gabardi, Fabio Cembrani, Luca Fabbri e Camilla Mattiuzzi. La mission del gruppo era quella di vagliare le procedure aziendali anche alla luce della più recente letteratur­a scientific­a.

Il focus era incentrato sui protocolli che «sono assolutame­nte rigorosi», evidenzia la commission­e nella relazione. Gli esperti non hanno riscontato alcuna anomalia o carenza, quindi resta aperta solo la strada dell’errore. Se c’è stato scambio ematico significa che c’è stato un errore umano, resta da chiarire in quale punto è stato commesso. La commission­e fa diverse ipotesi, ma una risposta certa sembra ancora lontana.

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(Foto Rensi) Le indagini I carabinier­i del Nas durante l’acquisizio­ne dei documenti in Azienda sanitaria

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