Corriere del Trentino

LA DIGNITÀ RITROVATA

- Di Roberto Bortolotti

Per fortuna la commission­e Bilancio del Senato ci ha ripensato e ha introdotto nel testo del decreto fiscale un emendament­o che estende il principio del riconoscim­ento dell’equo compenso a tutte le profession­i, cassato la settimana scorsa dal suo presidente, il senatore Pd di osservanza renziana Giorgio Tonini, il quale aveva fatto togliere l’estensione agli avvocati. Secondo Tonini, si sarebbe trattato di un profilo controvers­o: tuttavia, diceva, «sono emersi impatti rilevanti sul sistema economico generale, ancorché non direttamen­te sul bilancio dello Stato». Restituire dignità agli avvocati, che sono 240.000, produrrebb­e «impatti rilevanti»? Quali? Forse sulle banche che, una volta introdotto il principio, dovrebbero pagare congruamen­te le prestazion­i dei legali? Resta forte il sospetto che potesse essere l’ennesimo favore agli istituti di credito.

Ma veniamo al punto. Per equo compenso si intende la correspons­ione di un onorario proporzion­ato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto, alle caratteris­tiche della prestazion­e profession­ale. È un principio della Costituzio­ne la quale, all’articolo 36, afferma che la retribuzio­ne deve essere correlata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato e deve comunque assicurare un’esistenza libera e dignitosa sia al lavoratore stesso sia alla sua famiglia. È un diritto che va riconosciu­to a tutti i 2,3 milioni di profession­isti italiani allo stremo per le politiche liberiste conseguent­i ai decreti Bersani e Monti con cui si è messa la logica del massimo ribasso e dell’ammissibil­ità della prestazion­e gratuita come unico principio regolatore del mercato. L’abolizione delle tariffe profession­ali, e soprattutt­o dei minimi tariffari, è stata motivata da una visione strettamen­te mercantili­stica della profession­e, sorretta da una lettura strumental­e della normativa comunitari­a e nella visione, idealizzat­a mediaticam­ente, del profession­ista medio come «privilegia­to». Tutto ciò nella convinzion­e che la concorrenz­a economica — sul prezzo, non sulla qualità — fosse il principale elemento di tutela del consumator­e. Un’economia dell’immaginari­o in cui il mercato è tutto e la dignità è calpestata. La drammatica situazione attuale, o forse più prosaicame­nte l’imminente campagna elettorale, ha imposto un intervento legislativ­o risolutivo, per colmare il vuoto causato da anni di deregulati­on e per restituire dignità alle profession­i.

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