LA DIGNITÀ RITROVATA
Per fortuna la commissione Bilancio del Senato ci ha ripensato e ha introdotto nel testo del decreto fiscale un emendamento che estende il principio del riconoscimento dell’equo compenso a tutte le professioni, cassato la settimana scorsa dal suo presidente, il senatore Pd di osservanza renziana Giorgio Tonini, il quale aveva fatto togliere l’estensione agli avvocati. Secondo Tonini, si sarebbe trattato di un profilo controverso: tuttavia, diceva, «sono emersi impatti rilevanti sul sistema economico generale, ancorché non direttamente sul bilancio dello Stato». Restituire dignità agli avvocati, che sono 240.000, produrrebbe «impatti rilevanti»? Quali? Forse sulle banche che, una volta introdotto il principio, dovrebbero pagare congruamente le prestazioni dei legali? Resta forte il sospetto che potesse essere l’ennesimo favore agli istituti di credito.
Ma veniamo al punto. Per equo compenso si intende la corresponsione di un onorario proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto, alle caratteristiche della prestazione professionale. È un principio della Costituzione la quale, all’articolo 36, afferma che la retribuzione deve essere correlata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato e deve comunque assicurare un’esistenza libera e dignitosa sia al lavoratore stesso sia alla sua famiglia. È un diritto che va riconosciuto a tutti i 2,3 milioni di professionisti italiani allo stremo per le politiche liberiste conseguenti ai decreti Bersani e Monti con cui si è messa la logica del massimo ribasso e dell’ammissibilità della prestazione gratuita come unico principio regolatore del mercato. L’abolizione delle tariffe professionali, e soprattutto dei minimi tariffari, è stata motivata da una visione strettamente mercantilistica della professione, sorretta da una lettura strumentale della normativa comunitaria e nella visione, idealizzata mediaticamente, del professionista medio come «privilegiato». Tutto ciò nella convinzione che la concorrenza economica — sul prezzo, non sulla qualità — fosse il principale elemento di tutela del consumatore. Un’economia dell’immaginario in cui il mercato è tutto e la dignità è calpestata. La drammatica situazione attuale, o forse più prosaicamente l’imminente campagna elettorale, ha imposto un intervento legislativo risolutivo, per colmare il vuoto causato da anni di deregulation e per restituire dignità alle professioni.