Schuldt, maestria e vigore Intensi Bozhanov e Haydn
Ogni tanto — con buona pace di chi della musica prova a studiacchiare solo la storia e non anche le emozioni e i sortilegi — un concerto può essere attraversato da parole come queste: «È fuggita l’estate\ più nulla rimane\ Si sta bene al sole\ Eppur questo non basta».
Parole sussurrate e cadenzate dagli archi dell’orchestra Haydn durante il concerto di Bolzano l’altra sera e di ieri a Trento. Si tratta di alcuni versi della compositrice Kaija Saariaho, autrice di Nymphea Reflection, operina sonora (con testo letto dagli stessi musicisti) struggente e inevitabilmente inquieta. È stata la sorpresa (meglio dire: la conferma) più fervida di un programma che Clemens Schuldt ha diretto con maestria e vigore, articolato com’era tra Mozart con la Sinfonia n. 33 in si bemolle maggiore, K 319 e Beethoven con il sontuoso (e quasi “pop” nella sua accezione più alta e calligrafica) Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in mi bemolle maggiore, op. 73 «Imperatore».
Una prova, quest’ultima, corroborata non solo da una Haydn sempre più aerea e rigorosa ma anche da Evgeni Bozhanov che della scuola pianistica russa (un complesso arcipelago aristocratico) è ormai un vero e proprio alfiere. Serata dunque intensissima, con molti battimano del pubblico bolzanino, numerosi e meritati.