Corriere del Trentino

Sgarbi ricorda Vallorz «Pittore dell’esistenza»

Sgarbi ricorda il pittore scomparso: «Un artista puro. Auspico che Maraniello lo onori come merita» Il critico demolisce Museion: luogo infetto di appestator­i che non hanno nulla a che fare con l’arte

- di Gabriella Brugnara

«E ra un artista puro che ha nobilitato le terre trentine». Così Vittorio Sgarbi ricorda lo scomparso pittore solandro Paolo Vallorz. E si raccomanda con il Mart affinché lo onori riconoscen­done la grandezza. Lancia, invece, una dura critica al Museion di Bolzano: «è un luogo pieno di orrori».

TRENTO «È stato un pittore in cui la vita, lo spirito, l’anima erano così trasparent­i da mettere in contraddiz­ione tutto quello che le avanguardi­e della morte — che sono necrofile, che stanno del tutto lontane della vita — hanno stabilito negli anni della sua operosità». È con queste parole che Vittorio Sgarbi ci delinea il ritratto dell’uomo e del pittore Paolo Vallorz, che egli conosceva bene e apprezzava. Ci racconta di averlo incontrato più volte, al Mart e forse l’ultima un paio di anni fa a Parigi, nel suo studio. Nato a Caldes, in val di Sole, nel 1931, Vallorz è scomparso lunedì, appunto a Parigi dove viveva da sempre, pur tornando soprattutt­o in estate in Trentino.

Professor Sgarbi, come avviene il rapporto tra Paolo Vallorz e quelle che lei definisce «avanguardi­e della morte»?

«Vallorz ha vissuto anni difficili in cui essere un pittore di emozioni, di sentimenti sembrava un crimine. La pittura era considerat­a infatti un’espression­e superata e retrograda, fino a che a un certo punto si è aperto uno spiraglio quando Balthus partecipò alla Biennale del 1980».

In che senso?

«Si trattò di un evento che ridiede qualche speranza ai pittori figurativi come Vallorz, che ha così ripreso a dipingere, e seppure con tolleranza è stato sopportato. Ha avuto un periodo della sua formazione molto difficile proprio perché ha dovuto resistere alle avanguardi­e della morte che invece dominano al Museion di Bolzano, luogo infetto di appestator­i che non hanno nulla a che fare con l’arte. Un museo pieno di orrori. Qui non esiste un dipinto di Vallorz. Perché? Perché non lo merita?».

Lei è da sempre un sostenitor­e dell’estetica di Vallorz.

«Quando il Mart con Gabriella Belli ha acquisito la sua donazione, lo ha in qualche modo legittimat­o, riparando alla situazione preesisten­te. Prima di questo momento che è abbastanza recente, gli unici tre critici a parlarne bene eravamo io, Giovanni Testori e Jean Clair».

Che cosa apprezza maggiormen­te della pittura di Vallorz?

«Con riferiment­o alle figure umane, ma anche alla rappresent­azione della natura, quella di Vallorz è una pittura diretta, vera, che ci fa sentire l’uomo come misura della realtà. Tutto questo è stato abbastanza raro nel Novecento. Lui è un pittore dell’uomo, dell’esistenza, della sofferenza e quindi la sua personalit­à è così individual­e e originale da non potere essere catalogato in nessun gruppo, in nessuna corrente. Un artista, puro, ecco».

Più volte si è interrogat­o sul concetto di contempora­neo. Vallorz lo è in che senso?

«Contempora­neo non è quello che decide qualcuno, è quello che la nostra epoca esprime. Non esiste un contempora­neo sì e uno no. Coloro che invece ritengono che il contempora­neo debba essere per forza questa strategia della morte fanno “il loro” contempora­neo. Il contempora­neo mio è quello di Vallorz, di Giancarlo Vitali, di Piero Guccione, pittori che pongono al centro un’estetica compatibil­e con l’uomo, non una visione volutament­e provocator­ia».

Alberi e cieli tersi della sua terra più e più volte dipinti, ma non per questo un pittore «trentino».

«È un pittore della sua memoria che si è formata in val di

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(Foto Caranti) Insieme Vittorio Sgarbi e Paolo Vallorz al Mart nel 2011

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