I partiti sicuri «Donne in lista, ce la faremo»
Parità, partiti sereni in vista delle prossime tornate elettorali: «Troveremo le candidate» Borgonovo Re: basta telefonate dell’ultimo minuto. Degasperi: aspettiamo la consultazione
I partiti non sembrano essere preoccupati di dover trovare un numero sufficiente di candidate per comporre liste che rispettino il criterio del 50% di donne presenti. Borgonovo Re (Pd) confida in una maggiore valorizzazione, mentre il consigliere pentastellato Degasperi spera nella consultazione. Soddisfatte le storiche consigliere che per prime avviarono la battaglia. Cogo avverte: il referendum sarebbe un fallimento.
TRENTO Nella generale difficoltà nel reperire persone disponibili a impegnarsi in politica, i segretari di maggioranza e opposizione sembrano abbastanza tranquilli: al prossimo appuntamento elettorale le donne ci saranno, e in numero sufficiente.
La percentuale approvata in consiglio, dunque, non pare allarmare più di tanto i partiti. «È chiaro che questo è l’inizio di un percorso, e in questo momento la gioia è più forte di ogni altro pensiero. Certo, siamo consapevoli che questa legge è uno strumento, ma sicuramente non risolve di colpo il problema dell’assenza di donne in politica», commenta la presidentessa del Pd Donata Borgonovo Re. «Abbiamo un anno di tempo: da un lato dobbiamo coinvolgere nuove persone, dall’altro occorre lavorare già con quante sono attive in politica, e ce ne sono tante devo dire. Deve esserci sicuramente un lavoro di valorizzazione, quello che non deve più accadere — ammonisce Borgonovo Re — è la telefonata il giorno prima della chiusura delle liste semplicemente per “fare numero” e chiudere l’elenco. Le donne devono essere supportate adeguatamente, e su questo il tema della conciliazione è reale. E mi chiedo: se avessimo avuto già tanto tempo fa più donne in politica e nelle istituzioni, la situazione attuale del welfare sarebbe forse stata migliore? Io credo di sì».
Fiducioso sulla possibilità di costruire agilmente le liste anche il segretario dell’Upt Tiziano Mellarini: «Se si presenta un progetto credibile le persone si trovano, e parlo sia di uomini che di donne. Ci stiamo attivando e devo dire che per noi il coinvolgimento delle donne è sempre stato un punto fermo, tanto che sin da subito abbiamo sostenuto la proposta di legge». Eppure, attualmente l’Upt conta cinque eletti in consiglio provinciale, e tutti uomini: «È un dato di fatto, inutile negarlo. Adesso, però, credo che lo spazio per le donne ci possa essere davvero».
Sul fronte dell’opposizione, invece, non sembra esserci preoccupazione anche alla luce, però, dell’ipotesi referendaria. «Noi abbiamo tante attiviste donne, dunque non credo che ci sarebbero difficoltà nel formare le liste. In ogni caso noi confidiamo soprattutto nel referendum, dunque che queste siano le regole definitive è ancora tutto da vedere», spiega Filippo Degasperi, consigliere del Movimento 5 Stelle, che rispetto all’eventuale cospicua spesa per indire la consultazione ritiene «da privilegiare l’aspetto della partecipazione democratica dei cittadini. Sarebbe il primo referendum in provincia senza il quorum».
Sereno anche Claudio Cia, segretario di Agire: «Dal punto di vista politico è chiaro che questa legge scombina le strategie di tutti quei partiti ad egemonia maschile. Con una riforma del genere pochi avranno il lusso di presentarsi in corsia singola, mentre c’è chi come Agire, fin dal suo esordio, sta investendo su donne su cui puntare e sulle quali è stata già data ampia fiducia dal momento che molte cariche importanti all’interno del movimento sono ricoperte proprio da loro».
Rodolfo Borga, consigliere di Civica trentina, che pure non esclude l’ipotesi referendaria, si sente relativamente tranquillo: «Già alla precedente tornata avevamo un terzo dei candidati donne, le troveremo anche questa volta. Certo, facciamo tutti fatica a trovare persone che si vogliano candidare in generale. Comunque ci prenderemo un po’ di tempo per valutare la richiesta del referendum».