Area Italcementi, fiera insufficiente Rischio periferia
Nuovo studio di riqualificazione del collettivo Campomarzio. Martedì la presentazione
«Concilium» è il nuovo studio del collettivo di architetti Campomarzio. La ricerca verrà presentata martedì a Piedicastello e sviluppa la riqualificazione urbana dell’area ex Italcementi. «Il rischio? Un approccio vecchio stampo, di tipo funzionalistico, così si genera una zona periferica».
TRENTO Di cosa fare dell’area ex Italcementi, di come bonificarla tanto per cominciare, se ne parlerà lunedì a Palazzo Thun durante la riunione della commissione urbanistica, ma se ne discuterà anche martedì, proprio con gli abitanti di Piedicastello (alle 18 nella sala della circoscrizione) grazie a Campomarzio, collettivo di giovani professionisti architetti e ingegneri che creano progetti di riqualificazione urbana partecipando attivamente alla vita sociale del territorio.
È loro, ad esempio, uno dei progetti di riqualificazione di piazza Mostra, l’area antistante il Castello del Buonconsiglio «abbandonata» a parcheggio. Come pure è loro «Tuttocittà 2026», l’esito di una ricerca contributo per la definizione del futuro assetto infrastrutturale e trasportistico della città di Trento.
Martedì, invece, il collettivo presenterà alla cittadinanza (ma anche i rappresentanti delle istituzioni sono invitati) il nuovo studio «Concilium» l’esito di una ricerca per la ridefinizione dell’area dismessa. «Una proposta — spiega Daniele Cappelletti — che parte dall’ipotesi del trasferimento degli spazi del Cte nell’area ex Italcementi e che intende visualizzare uno scenario possibile facendo emergere alcuni aspetti e criticità, in primis il rischio di lavorare pensando unicamente a una zona funzionale».
La ricerca, autofinanziata e sviluppata su libera iniziativa del gruppo, «perché — specifica Cappelletti — siamo indipendenti, non riceviamo sovvenzioni da enti pubblici, e il nostro obiettivo è stimolare il dibattito», già dal nome assume una sua precisa connotazione. «Abbiamo scelto Concilium partendo dalla storia del quartiere. Proprio nell’epoca del Concilio a Piedicastello venivano relegati gli accattoni, come fosse una sorta di ghetto, poi è stata una zona aperta alle industrie e infine sventrata dalla tangenziale. Insomma è sempre stata una zona un po’ marginale».
Ora, secondo il collettivo, il rischio è quello di affrontare una sua riqualificazione con un «approccio vecchio stampo», di tipo funzionalistico che risponde unicamente alla domanda «che cosa ci mettiamo all’ex Italcementi?», invece che visualizzare «un disegno complessivo».
«Quello che secondo noi manca o non è ancora stato sufficientemente individuato — spiega Cappelletti — è il disegno, la visione dell’intera area. Se si ragiona applicando uno schema solo funzionale il rischio è di generare una zona periferica». E peggio, in questo caso, il pericolo è di considerare uno sviluppo meramente monofunzione, «cosa che capita quando si sviluppano spazi pensando di mettere solo scuole, solo un ospedale o in questo caso solo un polo espositivo aperto in determinate ore e in determinati giorni. Sono queste visioni che generano scarsità di sicurezza e attrazione».
In sostanza, per il collettivo Campomarzio a Piedicastello, e quindi nell’area ex Italcementi, dovrebbe rinascere un vero e proprio quartiere urbano con una struttura capace di diventare uno spazio fruibile vissuto.
«L’auspicio — commenta ancora l’architetto — è che il ridisegno dell’area possa rappresentare un’opportunità per l’intera città e non solo un problema da risolvere in un’ottica di collaborazione a tutti i livelli. Il quartiere non sufficientemente strategico per un mercato immobiliare residenziale, potrebbe diventare una zona attrattiva e strategica per gli studenti se si pensasse di mettere anche uno studentato, spazi di co-housing e coworking. Basterebbe fare, ad esempio, una passerella di collegamento tra la zona e via Verdi per collegarla direttamente con l’università».
Secondo Campomarzio l’invito da cogliere non appartiene solo ai cittadini, ma anche agli attori istituzionali coinvolti. «Comune e Università che stanno ragionando insieme per risolvere i problemi di spazi in piazzale San Severino e al Cte, potrebbero ampliare la gamma di ipotesi considerando insieme anche quest’area. Quello che ipotizziamo è un insieme di proposte che vanno realizzate in un’ottica di insieme e di strategia».
I creativi Siamo partiti considerando il trasloco del Cte Manca una visione d’insieme, si sta riflettendo sull’aspetto funzionale Università e Comune ragionino insieme ampliando la gamma delle ipotesi