Venticinque anni con i Mercatini Primi malumori
Molti gli esercenti critici Si lamenta scarsa novità e poca cura dei dettagli Piazza Italia, meno incassi
I Mercatini di Natale scontano 25 anni di vita e tra gli esercenti serpeggia un po’ di malumore: si lamenta in particolare la scarsa novità e la poca cura dei dettagli. Nel mirino anche i bidoni dei rifiuti.
TRENTO La formula è la stessa da 25 anni ed è stata replicata ovunque. Una flessione prima o poi doveva arrivare, anche perché l’intera manifestazione è a un punto di svolta. Trento Fiere si appresta a lasciare la mano all’Apt, che giocoforza sarà obbligata a uno sforzo per una maggiore identità, che salvi dall’effetto fiera. E con un’attenzione in più per l’immagine, i dettagli: ad esempio, tra le lamentazioni finiscono i bidoncini dei rifiuti che un rompono un po’ l’atmosfera. Per imparare qualcosa basta andare in Alto Adige.
È un giro di impressioni — alcune caustiche, ma sincere — e immagini dall’edizione 2018 del mercatino di Natale di Trento, che nei suoi primi 20 giorni evidenzia un calo dei visitatori. Lo dicono le persone che ci lavorano, strette nel doppio, triplo pile di un martedì mattina con zero gradi. All’inizio del ponte di Sant’Ambrogio, che potrebbe invertire la tendenza. «La senti la musica che viene dai box?» chiede Andrea Oberosler, di «Barbel Art». In piazza Fiera vende manufatti in legno. «È sempre la stessa, 4 cd di musica commerciale, li so a memoria. Dell’organizzazione poi non vedi mai nessuno». L’artigiano di Fierozzo paga come gli altri dell’oggettistica 4.000 euro per la casetta. «A Levico siamo al secondo anno e lì va meglio. Qui c’è un calo del 30-40% dall’anno scorso. Dall’anno prossimo serve una regia, qualcuno determinato, altrimenti andrà male».
Di fronte Devis Bolognani, apicoltore, vende miele. Espone dal 2012. «A me va bene, non ho concorrenza, ma gli altri parlano di un calo. L’aumento a dicembre non c’è stato». Non tutti, va detto, in piazza Fiera si lamentano. Flavio Simion prepara piatti di canederli bollenti ai turisti che apprezzano. La gastronomia mantiene gli incassi maggiori e paga circa il doppio per piazzarsi.
C’è poi piazza Italia: gli esercenti la temono come un castigo. Ma vale il principio della rotazione. «Da qui a lì si perde il 30% di incassi, per la gastronomia anche il 50%» afferma Bolognani. Nella piazza l’umore non è altissimo. «Ok la rotazione, ma qui c’è meno gente e io ho provato invano a nascondere i bidoni qui accanto» dice lo scultore Egidio Petri, aiutato dalle nipoti fra cui Caterina de Giovanelli, studentessa, che lo aiuta. Egidio è un veterano delle prime edizioni. Il freddo si può sopportare («Ho scolpito la neve in Canada a -35»), le lacune dell’organizzazione no. «Non c’è strategia, le casette sono piazzate per riempire i buchi. Piazza Fiera è più strutturata. Ma in generale, o questo mercatino gioca più sulla qualità o non ha futuro. Ogni anno servono emozioni nuove».
Daniele Miorandi serve gli spuntini di pastrami, il salume di manzo speziato e cotto al vapore che, originario dell’impero austroungarico, oggi è consumato anche a New York. Lavora per il salumificio Largher di Cembra. «Per il momento qui è molto triste. A novembre potevamo chiudere. Si sente la differenza con piazza Fiera e i costi sono gli stessi». E il freddo? «Ho tre pile e la maglia termica e per fortuna ho davanti il banco riscaldato a 60 gradi».
Gestione Questa è l’ultima edizione organizzata da Trento Fiere Nel 2018 tocca all’Apt