Aquafil, si cerca di superare lo stallo
I sindacati proporranno all’azienda di rivedere alcuni punti contrattuali
TRENTO Incontro interlocutorio, anche se non privo di tensione, fra sindacati e Aquafil l’altro giorno. Un tavolo per cercare un’intesa che riesca a superare lo stato di agitazione proclamato settimane fa da Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec, Usb e Rsu aziendali.
Lunedì Rsu e sindacati si incontreranno per cercare di formulare una proposta da presentare all’azienda. In sostanza i rappresentanti delle maestranze chiedono alla proprietà di rivedere qualche punto degli accordi del 2013, in cui l’azienda aveva chiesto sacrifici ai lavoratori. Passata la fase più complicata, con tanto di quotazione in Borsa della multinazionale messa a punto lunedì scorso, recuperare qualcosa sarebbe un passo avanti molto apprezzato, anche se per ora l’azienda non dà segnali di apertura. Uno dei temi sui quali potrebbe incardinarsi un «elemento pacificatore» è una revisione dell’elemento «on/off» sulla malattia. Un dipendente che salti un’ora per malattia in un mese, va a perdere una somma che vale alcune decine di euro, fino a superare il centinaio. Un modo per colpire l’assenteismo, ma un punto su cui ora sindacati ed Rsu vorrebbero ottenere un ammorbidimento. Per ora c’è il gelo, ma è possibile che ci siano svolte, magari già nell’incontro del prossimo 18 dicembre. Questo potrebbe essere un argomento su cui cercare un’intesa, ma ce ne potrebbero essere altri.
Verso fine novembre probabilmente il momento di maggiore tensione fra azienda e sindacati: nel negoziato i sindacati avevano parlato di «sospensione» delle regole che governano lo sciopero, materia delicata in uno stabilimento che lavora a ciclo continuo. Aquafil allora aveva minacciato di disinvestire ad Arco. più solidi».
Tornando sul prestito subordinato da 20 milioni emesso da ChiantiBanca e sottoscritto da Cassa centrale, Borri definisce «una balla» il fatto che possa essere estinto «prima del 2021». Uno dei timori, dicono i fautori della soluzione trentina, è che in cambio di quei soldi ChiantiBanca debba cedere quote di autonomia ed essere messa «sotto tutela dalla Federazione toscana delle Bcc che potrebbe anche smembrarla e cederne i pezzi alle altre cosiddette consorelle». Tema sul quale insiste anche Borri: «Siamo stati sempre liberi e autonomi, mentre Iccrea è soggetta a grandi interferenze politiche, senza considerare il fatto che la Federazione toscana sta già dettando legge: questo non farà piacere ai soci».
C’è timore anche per le ricadute occupazionali: nel settore bancario, dicono, le cosiddette sinergie si ottengono con la riduzione dei costi, ossia tagliando le filiali. «Questo rischio esiste — dice Borri — proprio per la sovrapposizione di filiali con le altre Bcc toscane, soprattutto nelle zone del fiorentino e del pistoiese: mi stupisco che su questo aspetto non si sia levata la voce dei sindacati». Il presidente dell’associazione «Per una banca in terra toscana» conclude dicendo che «un cambio di campo è un tradimento. E chi tradisce viene odiato dalla persona tradita e malvisto dagli altri: quando ci sarà da decidere quali filiali tagliare, i tagli toccheranno prima a chi si è comportato da traditore».
L’altro ieri intanto Ccb ha annunciato di aver chiuso con successo l’aumento di capitale, per 800 milioni. Oltre alle sottoscrizioni del centinaio di Bcc, ora Cassa centrale ha anche il controllo di Phoenix, Ibt, Assicura, Sba e Cesve.