Boato: «Rossi e Kompatscher decisivi Sostengano politicamente la strategia»
Prudente il professor Corni: «Consolidare dal basso i legami scientifici»
«Sono favorevolissimo all’ipotesi del rettore Paolo Collini». Non poteva essere diversamente per Marco Boato che condivise la primissima intuizione di Paolo Prodi, quasi mezzo secolo fa, per la nascita di un’università regionale. «Nel 1973 ero un giovane borsista — ricorda lo storico esponente ambientalista, primo rappresentante degli studenti nel 1970 —e ricordo che Paolo, che avevo conosciuto l’anno prima, lanciò quell’idea che, a me, parve geniale ma , forse, troppo avveniristica per i tempi. A Bolzano l’idea allora non sfondò, anche per l’indisponibilità di Silvius Magnago che, pur grande figura politica, forse temeva di portarsi la contestazione in città, a 1968 ancora fresco. Poi, nei primi anni ‘90, nacque l’Eurac che aprì il percorso universitario in Alto Adige, ai tempi di Luis Durnwalder che, in un certo qual modo, recuperò l’intuizione avuta da Bruno Kessler nel 1962, con la fondazione dell’istituto trentino di cultura da cui partì la vicenda del nostro ateneo. Ora, dopo altri 25 anni, sembra che i tempi siano maturi».
E, dunque, per Boato è il momento che la politica e le istituzioni accompagnino il percorso. «Penso che presidenti Ugo Rossi e Arno Kompatscher — continua — bene farebbero ad aderire a questa strategia innovativa. Credo, però, che se il rettore Collini ha condiviso questa riflessione, qualche sondaggio lo abbia fatto e, dunque, sono ottimista che la marcia di avvicinamento al traguardo possa cominciare». Le modalità del percorso sono delineate dalla legge Gelmini, entrata in vigore nel gennaio 2011, e Boato è fiducioso che gli organismi accademici procederanno con armonia.
«Federarsi — sottolinea — vuole dire mettere insieme opportunità, strutture, programmi, professionalità con beneficio per Trento e Bolzano, ma anche per Innsbruck nel percorso dell’Euregio. Il percorso non sarà magari breve, ma è certamente praticabile». Sulla praticabilità, invece, non nasconde le proprie perplessità Gustavo Corni docente a Trento e tra i massimi studiosi della Germania del Ventesimo secolo. «L’idea è buona — premette il professore ordinario di Storia contemporanea —ma ne vedo difficile una declinazione, anzitutto perché vanno chiarite le volontà politiche che, quantomeno da parte bolzanina, mi paiono più votate a preservare un’autonomia, senza dimenticare che, in Alto Adige, molti paiono guardare più a Innsbruck che al nostro ateneo».
Questo, però, non significa che vi sia chiusura. «Piuttosto — rilancia — cerchiamo di arrivarci consolidando i legami scientifici e gli intrecci didattici dal basso. In questo modo sarà più facile armonizzare i percorsi, tenendo conto delle peculiarità. Bolzano, per esempio, ha investito soprattutto sui percorsi scientifici e pratici, noi abbiamo una forte propensione anche verso la ricerca umanistica». In parallelo, va studiata un’armonizzazione degli ordinamenti. «Un’opportunità per dare gambe forti all’Euregio — osserva ancora — non nascondendoci, però, le difficoltà che vi potranno essere. Abbiamo, peraltro, avviato un corso di laurea in musicologia in condivisione con Innsbruck, ma non è sempre semplice armonizzare sistemi diversi». Boato pensa, però, che dalla lezione di Paolo Prodi si possano trarre insegnamenti validi per superare le difficoltà che, pure, riconosce.
«Prodi — riprende — ha sempre mostrato grande attenzione a quel che si muoveva nel territorio e al dialogo con i giovani. Non a caso, quando lanciò l’idea del ponte tra Trento e Bolzano, tra i primi con cui si riferì c’erano due ragazzi brillanti come Carlo Bertorelle e Alexander Langer, con l’obiettivo di fornire un retroterra al percorso anche nel mondo studentesco, oltre che tra le diverse comunità linguistiche».