Teresa canta Pino
L’intervista De Sio si racconta in vista del concerto di martedì al Cristallo «I rapper sono i cantautori di oggi. I neo melodici? Come i camorristi»
«Niente fa divertire il Padreterno più degli umani che fanno progetti». Teresa De Sio parte da molto in alto per raccontare il concerto che terrà martedì (alle 21) al Teatro Cristallo di Bolzano. Un «live» che si intitola come l’ultimo lavoro della cantautrice napoletana: «Teresa Canta Pino». «È un omaggio a Pino Daniele figlio di un’amicizia che è durata trent’anni tra alti e bassi, tra avvicinamenti e allontanamenti — racconta — Nelle festività natalizie del 2013 abbiamo suonato insieme per cinque concerti al Palapartenope di Napoli. Un’esperienza bellissima che ci ha fatto pensare a nuovi progetti. Ma, appunto, nulla diverte il Padreterno...» Che omaggio sarà?
«Ho mantenuto intatte le parole e le melodie di Pino, ma ci ho costruito intorno un mondo sonoro che riuscisse a traghettare le sue canzoni verso la mie corde. Lui è partito da Napoli verso il blues, il mio percorso, invece, ha attraversato il folk meridionale e il punk rock, che è stato la mia prima passione. Non mi interessavano le cover, la musica deve aver sempre due versanti: confermare l’attualità e perpetuare l’eterno. Un compito arduo».
La canzone napoletana degli anni Settanta e Ottanta sembra molto diversa da quella di oggi. Cosa è cambiato?
«Premetto che non ho verità in tasca ma credo che tutto quello che accade a Napoli venga ingigantito. Tutta la musica italiana è cambiata, certi fenomeni televisivi stanno schiacciando la musica e la stanno indirizzando altrove per esigenze televisive. Spesso si tratta di spettacoli divertenti ed è sempre positivo che si parli di musica, ma le logiche non sono quelle della musica».
Ma la canzone napoletana aveva certe caratteristiche precise. Anche altre zone, l’Emilia e la Liguria hanno sfornato numerosi cantautori, ma quello che nasceva a Napoli aveva connotazioni particolari...
«Era accomunata dall’uso di un dialetto che è una vera e propria lingua. Ma le tradizioni erano una catapulta verso l’esterno, non un recinto in cui essere confinati. Non è colpa di Napoli, è cambiato il mondo esterno. Negli anni Novanta, con l’arrivo della Lega e delle
delibere di alcuni amministratori, mi sono ritrovata a essere una cantante meridionale. Questo ha avuto un peso, in parte ci può aver rafforzato ma in parte ci ha raggelato. A questo vanno aggiunti altri cambiamenti che riguardano la musica». Quali?
«La nascita di due fenomeni. Il primo è l’hip hop di cui sono una fan, i rapper penso siano i cantautori di oggi, anche se sono entrati in conflitto con la musica precedente. L’altro è la nascita dei cantanti neo melodici che considero il braccio musicale della camorra. Ovviamente non dico che i cantanti neo melodici siano camorristi, ma credo esprimano lo stesso mondo di chi va a sparare nei quartieri sopra a un motorino e con il casco in testa». Prossimi progetti?
«Sto lavorando al terzo romanzo ma è molto faticoso e non so quando sarà pronto. Poi sto scrivendo le canzoni del nuovo album di inediti e mi stanno organizzando un tour europeo in primavera. Quel che succederà dopo dipenderà da quanto resterà di me».