Piste da sci, ancora espansioni
Dalla Panarotta alla Rendena: nuovi investimenti. Gli ambientalisti: manca il limite
Bacini di innevamento, nuove piste: in Trentino non si fermano le procedure di Via relative ai caroselli sciistici. Ma gli ambientalisti si ribellano: «Basta infrastrutture in quota» scrive Mountain wilderness nel suo «manifesto» per la salvaguardia della montagna trentina, che parla senza mezzi termini di una «diffusa politica clientelare». Intanto però la Provincia concorda con gli ambientalisti sui rifugi: «Stop alle deroghe».
TRENTO Il quadro è articolato. E disegna scenari con tonalità diverse, a tratti quasi opposte. A stagione invernale ormai entrata nel vivo, il dibattito ambientale torna prepotentemente nelle agende politiche, «spinto» ancora una volta dalle questioni che da anni scaldano gli animi: l’ampliamento dei caroselli sciistici. Ma anche i sempre più frequenti allargamenti dei rifugi, trasformati spesso in resort. Con prospettive distanti: se infatti — scorrendo le procedure di Via — gli interventi legati a nuovi impianti o a bacini di innevamento continuano a proliferare, sul fronte delle strutture in quota la strada dell’ampliamento si scontra con un duplice «no». Il primo è quello lanciato da Mountain wilderness nel proprio manifesto sullo stato della montagna trentina, il secondo è dell’assessore provinciale Mauro Gilmozzi.
Gli ambientalisti non usano mezzi termini. E bocciano senza appello la politica trentina, parlando di «una diffusa politica clientelare». «È mancata — scrivono — una strategia virtuosa basata sul limite. Oggi abbiamo bisogno di imporre una rilettura del territorio, a volte ritornare a limiti stretti nella gestione delle nostre risorse. Rivedere il nostro modo di consumare e le quantità dei consumi. Intervenire con una riqualificazione complessiva che riprenda gli errori lontani e vicini e li riconverta in situazioni valoriali di alto profilo». Il capitolo più ampio del manifesto — come prevedibile — riguarda proprio i caroselli sciistici. E i progetti che non si fermano nemmeno nelle località «minori», nonostante nell’ultima Finanziaria la Provincia abbia inserito una norma per sostenere i territori che decideranno di dismettere gli impianti. Mountain wilderness cita il bacino alla Bassa in Panarotta, «imposto contro il parere dei sindaci». Ma sempre per la Panarotta è in corso la procedura di Via per lo skiweg tra cima Storta e il Rigolor. Mentre a Pinzolo le procedure sono due: una riguarda la pista Plaza (ne riferiamo nell’articolo in pagina) e l’altra il bacino di innevamento in località Alpe Grual. E gli ambientalisti ricordano anche il bacino prospettato a passo Feudo, in val di Fiemme. Di più: «Trentino sviluppo — è l’affondo — assumendosi i debiti delle tante società che arrancano, acquista reti di impianti destinati al fallimento, si assume indebitamenti insostenibili di aree sciistiche come Folgarida, Pinzolo, Folgaria, o intere reti di innevamento artificiale. Si comprano le infrastrutture destinate all’innevamento artificiale, regalando a queste aree bacini per l’innevamento sempre più grandi». Proprio in uno di questi comparti (Folgaria) operatori e amministratori sono tornati a confrontarsi: sul tavolo, il raddoppio del bacino di passo Coe, oltre alla riqualificazione dell’area sciabile. Con Trentino Sviluppo pronto a confermare l’intenzione della Provincia a «sostenere gli investimenti».
Sul tema, però, l’assessore Mauro Gilmozzi ci tiene a smorzare i toni. «La visione della Provincia — ribadisce — è quella del Pup del 2008. Alcuni aggiustamenti alle aree sciistiche ci possono stare, per far rimanere il Trentino un’eccellenza nel campo dello sci. Ma la qualità dell’ambiente come elemento di attrattività è il centro della nuova strategia di sviluppo». E sui bacini: «Siamo in aree sciistiche, destinate a quella funzione. In ogni caso, i bacini sono funzionali anche a una politica di mitigazione degli impatti climatici sull’agricoltura in pianura».
Politica e ambientalisti si trovano d’accordo invece sull’altro nodo: le deroghe in quota, che trasformano i rifugi in strutture ricettive di grandi dimensioni. «Incredibili aumenti volumetrici — scrive Mountain wilderness — che incidono negativamente sul paesaggio. E che hanno bisogno del potenziamento di altri servizi: accessibilità, servizi idrici, fognari e spazi per il personale». L’appello è chiaro: basta deroghe. «Sono d’accordo al 100%» risponde Gilmozzi.