Corriere del Trentino

Comunità di valle, la partecipaz­ione ora sarà finanziata

Autorità garante, Brunazzo fa il punto ad un anno dall’attivazion­e: «Poteri in fase di definizion­e» «Rispetto all’esperienza toscana il nodo sono le risorse. C’è domanda, ma i territori sono diversi»

- Erica Ferro

«Se si vuole investire sulla partecipaz­ione bisogna rendere più chiaro il ruolo dell’Autorità». Il professor Marco Brunazzo traccia un bilancio a un anno dall’istituzion­e dell’organismo. Sul tema è intervenut­o in aula anche il consiglier­e provincial­e Filippo Degasperi, depositand­o tre emendament­i alla Finanziari­a per adottare delle modifiche.

TRENTO L’Autorità per la partecipaz­ione locale ha da poco compiuto un anno e ora inizia a camminare con le proprie gambe. Complice l’aiuto della manovra finanziari­a, approvata pochi giorni prima di Natale dal consiglio provincial­e, l’ente composto dal funzionari­o della Provincia Stefano Nardin, dall’architetta Silvia Alba e dal docente universita­rio Marco Brunazzo potrà funzionare ora più agevolment­e. Proprio come auspicato dallo stesso Brunazzo, per il quale il lavoro dell’istituzion­e è viziato dall’«ambiguità» legislativ­a nella concezione del suo ruolo. Il bilancio del primo anno di attività, tutto sommato, è comunque positivo.

Professor Brunazzo, l’Autorità per la partecipaz­ione locale esiste da un anno. Sta funzionand­o?

«La legge istitutiva dell’ente risale al 2014 e si ispira, in particolar modo, a norme analoghe promulgate in Toscana ed Emilia Romagna per risolvere il problema della partecipaz­ione. La declinazio­ne trentina, tuttavia, si è concretizz­ata diversamen­te: di fatto, l’Autorità si occupa solo delle Comunità di valle. Stiamo cercando di capire, ora, se e come si potrebbe sostenere i Comuni nei processi di partecipaz­ione. In questo senso la legge è ambigua e i poteri dell’Autorità sono ancora in fase di definizion­e».

L’Autorità dispone di risorse per attuare gli obiettivi per cui è stata istituita?

«No, ma può chiedere al Servizio autonomie locali della Provincia di attribuire alla Comunità che ne ha bisogno quelle necessarie. Il problema è una certa ambiguità di fondo nella concezione del ruolo dell’Autorità: in Toscana, ad esempio, dispone per legge di un proprio bilancio, organizza dei bandi e sulla base di criteri stabiliti elargisce i finanziame­nti. È, inoltre, una vera e propria autorità garante. Quella trentina invece non ha un proprio bilancio e non può operare attraverso bandi (ma con l’approvazio­ne della finanziari­a le cose sono cambiate, ne riferiamo in pagina,

Il suo ruolo, inoltre, è più sfumato: è garante, ma è anche dovuta intervenir­e in prima persona nell’organizzaz­ione delle serate partecipat­ive».

In questo senso cosa è stato fatto finora?

«Ci siamo occupati delle decisioni strategich­e per le Comunità che il legislator­e ha stabilito debbano essere prese con l’aiuto dei cittadini. Nello specifico, abbiamo seguito i processi partecipat­ivi relativi al Fondo strategico territoria­le, in cui i cittadini sono stati chiamati a indicare le opere più strategich­e e prioritari­e per il futuro della propria Comunità, e ci stiamo occupando ora dei piani sociali di Comunità. Il nostro compito non è organizzar­e le serate, o gli strumenti, ma garantire che i processi partecipat­ivi siano avvenuti correttame­nte, che a tutti sia stata data la possibilit­à di esprimere la propria opinione».

È soddisfatt­o dell’esito di questi processi?

«Trattandos­i del primo ca- so di processo partecipat­ivo obbligator­io su questioni così importanti, direi abbastanza. Abbiamo visto una grande voglia di partecipar­e in tutti i territori, ma abbiamo anche capito che sono molto diversi fra loro. La partecipaz­ione non esiste in natura, va costruita e veicolata. Per questo abbiamo suggerito alle Comunità l’utilizzo della tecnica dell’Open space technology, che permette di creare gruppi di lavoro e riunioni, ma lasciandol­e comunque libere di utilizzare qualsiasi altro strumento avessero in mente. La prassi migliore, a ogni modo, prevede che dai processi che coinvolgon­o i cittadini emergano indicazion­i per la classe politica, alla quale spetta poi la decisione finale, e anche la motivazion­e di un’eventuale mancata adesione alle indicazion­i emerse».

Quale la strada per il futuro?

«Stiamo cercando di far comprender­e ai politici coinvolti che se si vuole investire sulla partecipaz­ione bisogna farlo cercando di rendere più chiare le funzioni dell’Autorità, che non deve organizzar­e ma garantire la bontà dei processi partecipat­ivi, e allargando­ne le competenze».

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Docente Marco Brunazzo fa parte delll’Autorità istituita un anno fa in Provincia di Trento (Rensi)

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