La questione del cirmolo
Donatella Lenzi chiede, nella lettera pubblicata sul
del 17 dicembre, alcuni pareri inerenti l’introduzione del cirmolo. Mi pare di poter dire che inserire simili alberi in ambienti meridionali del Trentino può aumenta la complessità biologica degli ecosistemi. Qualora fossero incompatibili con le caratteristiche geo-pedologiche-climatiche di stazione non riusciranno a riprodursi e verranno estromessi. Comunque piantare oggi alberi, salvo particolari casi, appare quasi un esercizio fuori del tempo. Perché il bosco stesso si diffonde naturalmente e rapidamente con specie adatte in tutte le moltissime aree abbandonate in Trentino. Negli ultimi settant’anni abbiamo assistito a un rovesciamento dell’uso del territorio, una piccola rivoluzione.
Nell’ultimo dopoguerra molti boschi erano radi e magri, spesso pascolati da bovini, caprini e ovini, pesantemente sfruttati da tagli di legname e legna da ardere, con prelievo annuale di fogliame e terreno sottostante per usi agricoli. In tale contesto moltissime opere di rimboschimento e la proibizione del pascolo erano un’esigenza vera per ricostruire il terreno forestale e ricuperare zone ampie improduttivi. Dopo gli anni ‘60 l’uso di petrolio e gas, l’abbandono del pascolo nel bosco, delle stalle a conduzione familiare a favore di allevamenti di grandi dimensioni, hanno portato a un impetuoso potenziamento dei boschi
e alla loro spontanea diffusione nelle aree abbandonate dall’attività umana.
Il cirmolo o pino cembro, a causa dell’alto valore estetico ed economico del suo legname, è stato nel passato piantato in piccole aree del Trentino centrale e meridionale per costituire centri di disseminazione con il concorso della gazza, un uccello protetto che
si ciba dei suoi semi pesanti, i gustosi pinoli (quelli dello strudel) e poi li dimentica in depositi di riserva, dove crescono.
Il clima, inteso nei tempi lunghissimi del bosco, che ne resta modificato, tende lentamente a cambiare. Con molte oscillazioni, negli ultimi 20.000 anni, dal ghiacciaio atesino che ha scavato il lago di Garda e depositato le colline moreniche sotto Sirmione ai climi attuali ai quali le specie forestali si adattano. In ogni caso la Carta forestale depositata in tutti gli uffici forestali dà una visione dettagliata, una fotografia rilevata nel secolo scorso, della diffusione del pino cembro in Trentino.
Marco Gaddo,