Il silenzio del canto
La storia Il brano fu cantato nella desolata Oberndorf Le guerre avevano separato il paese dalla ricca Laufen I fratelli Rainer e Strasser la cantarono a tanti reali europei La celebre Stille Nacht fu eseguita nel 1818 Divenne l’emblema del Natale nel mon
«Notte silente, notte santa». Questi i primi versi del più famoso canto che dalla vecchia chiesa di Oberndorf in Austria si è diffuso in tutto il mondo a commemorare la venuta del Cristo, il suo Natale.
Forse ci vuole un po’ di storia. Costruiamo un nostro presepe con luoghi, personaggi, parole e suoni. Il luogo: un paese in affanno, guerra, miseria. Sono passati da troppo poco tempo le drammatiche vicende legate alle guerre napoleoniche. Oberndorf, il paese, viene separato dalla città di Laufen della quale è un sobborgo, ma un sobborgo importante data la sua breve distanza da Salisburgo (circa venti chilometri via fiume). Per questo motivo i suoi abitanti svolgevano l’attività di barcaioli, trasportatori di sale da Bad Reichenhall e Hallein fino a Passau, alla confluenza con il Danubio.
Qui i barcaioli caricavano gli le loro barche, con i grandi blocchi di sale. Sale, commercio, ricchezza, mobilità. Tutto perduto. Laufen era stata teatro di guerra fra francesi e bavaresi da una parte e austriaci dall’altra. Nel dicembre del 1805 la regione del Salisburgo viene assegnata all’Austria, poi nel 1809 Salisburgo cade di nuovo in mano francese. Nel 1810 Napoleone consegna il Salisburghese a Massimiliano Giuseppe I di Baviera. Fu il congresso di Vienna a ridisegnare la carta d’Europa. Laufen fu bavarese, l’altra parte del fiume Salzach e il paese di Oberndorf passano all’Austria. Un clima di confusione, di povertà, di sofferenza. Grandi silenzi.
Arriviamo alla vigilia di Natale del 1818. I personaggi, gli abitanti del paese, sconfortati a fare da sfondo a questi avvenimenti: si tratta di Franz Xaver Gruber, il maestro e musicista, (1787-1863), il costruttore di organi Karl Mauracher (1789-1844) e Joseph Mohr (1792-1848), aiuto parroco della chiesa di San Nicola a Oberndorf presso Salisburgo. In verità Mohr aveva già scritto il testo del famosissimo canto nel 1816 in forma di poesia e Conrad Franz Xaver Gruber compose la musica proprio per la festa della vigilia di quel celeberrimo Natale del 1818.
La musica era scritta per l’organo, ma in quel Natale anche l’organo della chiesa si era ridotto al silenzio. Così la prima edizione di Stille Nacht fu eseguita per chitarra e voci, tenore e basso, e il canto di Natale riempì i cuori degli abitanti di Oberndorf e si diffuse magicamente prima in Europa e poi nel mondo.
Come fu diffuso questo canto? Questa è davvero un’altra storia. L’organista della chiesa di San Nicola a Oberndorf era Karl Mauracher, proprio quello che si era trovato l’organo muto. Era già all’epoca un famoso costruttore di organi e rimase affascinato dalla nuova melodia. L’ascoltò, ne fu preso e turbato e distribuì lo spartito a due famiglie della zona: gli Strasser e i Rainer, che, venditori ambulanti nell’impero austro-ungarico, portavano anche nel territorio dell’impero le merci e i canti tirolesi. Fu così che nel 1822, i Rainer cantarono
Stille Nacht davanti all’Imperatore Francesco I e allo zar di Russia. I fratelli Strasser cantarono Stille Nacht a Lipsia nel 1831 e poi portarono il canto anche in Francia, in Inghilterra e fino in Russia. Nel 1839 il canto sbarcò in America e Stille Nacht divenne Silent Night, Holy Night.
La traduzione in inglese porta la firma del parroco della Trinity Church di New York, un certo John Freeman Young. Ora di Stille Nacht ci sono versioni in tutto il mondo, dall’inglese, al francese, allo spagnolo, al russo, ma anche in lingue lontane, dove il canto fu portato dai missionari nel mondo. Magia del Natale, magia di un canto, ma anche un inno al sacro e, come dicono le prime parole, magia del silenzio di una notte particolare, una notte santa.
Centralità del silenzio anche nel nostro tempo di troppo rumore, di banalità? Stille
Nacht, notte silente, notte di meditazione, notte dove si parla col cuore.
Sul silenzio si pronunciano anche i filosofi. Platone, Heidegger, Wittgenstein, Merlau Ponty e tanti altri. Si tratta del tentativo filosofico di svelare l’indicibile, di andare oltre la dimensione ordinaria del discorso, di indicare ciò che può essere davvero portato a parola e ciò che invece non può essere detto, ma magari solo mostrato. Ma si può dire il silenzio? «Reden, das soll die Stille tun». Dire — non so, certo ascoltare. Perché ciò su cui si deve tacere, secondo Wittgenstein «non è affatto il superfluo, l’ininfluente, l’accessorio: il silenzio lo si deve semmai, proprio a quella sfera dell’esistenza che è quella che per noi è forse la più essenziale, certamente quella a cui teniamo di più; ovvero, ad esempio, alle questioni etiche relative al bene e al male, al giusto e all’ingiusto, alle questioni estetiche, relative alla bellezza, o in generale all’esperienza di senso che è legata alla dimensione dell’opera d’arte, oppure, ancora, al mondo del sacro e della fede». Di tutto questo, secondo Wittgenstein, non si può fare davvero parola, in quanto queste esperienze in qualche modo sfuggono alla logica del discorso. Filosofia e musica si rincorrono. Un verso di Wislawa Szymborska «Non ho coraggio. Quando pronuncio la parola silenzio, lo distruggo».
Ma nel canto abbiamo questo coraggio. Stille Nacht,
Heilige Nacht dedicato a tutti. Buon Natale.