Il Comune non decida
La vita è un dono e non è importante se a farlo sia un’entità superiore o la natura. Bella e brutta che sia, merita di essere vissuta, con lo Stato che deve garantire beni e servizi affinché sia dignitosa, lo Stato dovrebbe mettere in campo tutta una serie di strumenti affinché chi decide di «farla finita» possa cambiare idea. Quando si fa riferimento alla pena di morte, spesso si sostiene che uno Stato non abbia il diritto di toglierla come punizione di un reato perché può limitare solo ciò che dà (e la vita, di certo, è extrastatale). Con il biotestamento, però, lo Stato permette ai propri cittadini di lasciarsi andare alla morte, usando le proprie strutture ospedaliere. Per decidere di non essere attaccati
alla vita basterà una firma dal notaio. Anzi, no. A Trento qualcuno vuole che il Comune istruisca un registro per la dichiarazione di volontà anticipata per i trattamenti sanitari. In poche parole, per dichiarare la propria volontà basterebbe recarsi al municipio, stavolta non per pronunciare un sì che rimanda alla gioia di vita ma uno che prospetta la possibilità di morire anzitempo. Sia chiaro: questo non è il ragionamento di una persona che non ha problemi, che non sa cosa significhi patire gli effetti di una malattia che ti invalida
così tanto da rendere la vita difficoltosa e ai limiti della tollerabilità. Conosco tuttavia molti malati gravi che, nonostante ciò, sono così attaccati alla vita che non accettano che qualcuno possa decidere per la morte.
Da qui la mia contrarietà a una proposta che vorrebbe che il Comune legittimasse e consentisse una scelta così radicale. No, non dovrebbe essere lo Stato ad avocare la scelta di morire, figuriamoci un’amministrazione comunale. Gian Piero Robbi,