Volksbank, radar puntati verso Trento
La banca e gli scenari oltre Salorno. Il direttore: buone potenzialità, adesso le idee
L’area delle piccole imprese in Trentino ha sempre di più un problema di credito. Volksbank, da Bolzano, osserva da vicino che tipo di segnali di ripresa arrivano da sud, prima di decidere se puntare o meno su un’espansione. Il direttore Schneebacher riconosce che il Trentino ha grandi potenzialità, soprattutto nel settore turistico, ma servono idee nuove. La banca chiude l’anno 2017 con un utile minimo in bilancio pari a 19 milioni di euro.
TRENTO L’evoluzione del sistema bancario in provincia di Trento, con spazi che si stanno aprendo soprattutto nel segmento degli impieghi alle piccole imprese, vede l’interesse crescente di Sparkasse, come ha detto nei giorni scorsi il direttore Nicola Calabrò in un intervista sul Corriere
del Trentino. A questo punto appare legittimo chiedersi qual è il punto di vista di Volksbank, altra importante banca altoatesina, Popolare da poco trasformata in spa e con una propaggine in Veneto, dopo l’acquisizione della Popolare di Marostica. «La nostra presenza in Trentino dipende da che cosa il territorio ha in mente di mettere in pista nel prossimo futuro» afferma il direttore Johannes Schneebacher. Attualmente la Banca popolare dell’Alto Adige in Trentino ha 18 filiali, 3900 azionisti e 81 dipendenti.
Direttore Schneebacher, come si chiuderà il 2017 per la vostra banca?
«Direi che si è trattato di un anno molto soddisfacente, sia in Trentino Alto Adige che in Veneto. In Alto Adige siamo in pieno sviluppo e anche in Veneto ci sono importanti segnali di ripresa. Va meglio degli anni precedenti. Perciò, in linea con quanto avevamo pianificato, chiuderemo il 2017 con un obiettivo minimo di 19 milioni di euro di utile».
Si parla molto in Trentino del segmento piccole imprese progressivamente scoperto sul fronte del credito. Intesa Sanpaolo e Unicredit considerano quest’area di business sempre meno profittevole. Il credito cooperativo, che tradizionalmente presidia il settore Pmi, è nel mezzo di un’importante trasformazione che porterà Cassa centrale banca ad essere un gruppo nazionale. La Banca d’Italia ha messo il dito nella piaga qualche settimana fa e i Confidi si stanno attrezzando per trovare una soluzione.
«Non è un argomento di facile risposta. Dipende molto dal tipo di richiesta della clientela e dal modo in cui si articola. Grandi investimenti non ne sono stati fatti ultimamente dalle piccole imprese (sedi o impianti), più che altro si tratta di stabilizzazione delle attività, oppure di richieste di liquidità per l’attivo circolante. Le forme di anticipo nei loro confronti dipendono molto da come gestiscono amministrativamente il loro circuito, dalla qualità cioè del credito che hanno nei confronti dei loro clienti, ciò che costituisce il loro portafoglio. Non è tanto una questione di rating dell’impresa stessa».
Nello specifico, lei come vede la situazione in Trentino?
«Dipende molto da quali elementi di sviluppo si vorranno mettere in pista nel prossimo futuro. Ad esempio cito il settore del turismo: il rinnovo delle strutture ricettive è legato ai sostegni che mette in circolo la Provincia, per incentivare il comparto, fatto che si lega dunque strettamente a tutto il settore dell’edilizia. Il nostro approccio tiene molto in considerazione il contesto in cui sorge una struttura ricettiva. La nostra banca ha una specializzazione interna sul turismo, molto attiva dato che in Alto Adige assistiamo a un’ondata di ampliamenti. E applica questo principio: se l’albergo che vuole svilupparsi ha un’offerta di livello superiore e pure un’alta qualità del “software dell’albergatore”, ma sorge in un contesto in cui gli altri alberghi hanno uno standard meno elevato, dobbiamo tenerne conto, il turista coglie tutto l’insieme. Il nostro approccio dunque fornisce una consulenza ad ampio respiro».
Con quali strumenti operate?
«Abbiamo un database che con altri strumenti ci consente di analizzare l’idea di investimento e di fare una proiezione sul suo effettivo ritorno. Diciamo che per chi cerca una banca e sceglie privilegiando solo il tasso di interesse più basso sul prestito, e non è interessato a un servizio più completo, noi non ci siamo».
Parliamo un po’ della vita interna di Volksbank. Un anno fa vi siete trasformati in spa, come sta andando?
«Diciamo che la trasformazione mira a dare a chi investe più possibilità di partecipare alla governance. È un cambio di forma mentis. Serve ancora tempo per mettere a punto tutti i meccanismi».
Quanto alla vostra espansione territoriale, quali sono le dinamiche in corso?
«In Veneto il contesto è cambiato molto dopo la liquidazione delle due banche (Veneto Banca e Popolare di Vicenza, ora assorbite in Intesa Sanpaolo, ndr). Gli effetti saranno più chiari negli anni a venire. Ora il Veneto non ha un punto di riferimento locale. In questo contesto Volksbank può allargare la sua offerta. Non può sostituirle, ma può rappresentare un’opportunità. Per quanto riguarda il Trentino dobbiamo capire se effettivamente questa provincia sarà in grado di agganciare il rilancio economico. È un territorio in cui la crisi ha colpito di più rispetto all’Alto Adige. Bisogna vedere se ci saranno forze locali in grado di dare ossigeno al tessuto economico. Il Trentino ha una grande potenziale, in primis la bellezza del territorio, che è ancora poco sfruttata. Ma non bastano solo i soldi, occorrono idee chiare. E una manciata di imprenditori lungimiranti, che normalmente sono in grado di entusiasmare i loro colleghi».
«La bellezza del territorio è poco sfruttata Non bastano i soldi, occorrono idee valide»