«La bomba di Kim non è all’idrogeno Vi spiego perché»
Gli Stati Uniti hanno da poco festeggiato l’arrivo del 2018. Dal 16 febbraio la Cina entrerà nell’anno del Cane, il 4715 secondo il suo calendario. La Corea del Nord ha inaugurato l’ingresso nell’anno Juche 107: tanti sono gli anni passati dalla nascita del Presidente eterno Kim Il-sung (1912-1994). Incongruenze temporali a parte, tutti questi Paesi cominciano l’anno nuovo chiedendosi se sarà l’ultimo. O perlomeno se vedrà l’inizio di un conflitto nucleare tra Stati Uniti e Corea del Nord, un conflitto per ora combattuto solo a colpi di proclami, manifestazioni di forza e minacce. Ma se ignorassimo per un momento la metafora ambigua del «bottone più grosso» e rileggessimo con attenzione il discorso tenuto a inizio anno dall’attuale leader nordcoreano Kim Jong-un («L’intero continente americano si trova all’interno del raggio delle nostre armi nucleari e il pulsante nucleare è sulla scrivania del mio ufficio. Questa è la realtà, non una minaccia») e il tweet del presidente degli Stati Uniti Donald Trump («Anche io ho un pulsante nucleare, più grande e più potente, e che soprattutto funziona») forse potremmo porci domande serie: gli Stati Uniti hanno un arsenale atomico imponente (6.600 testate) e pronto all’uso, è assodato; ma di quello nordcoreano cosa sappiamo? Gli esperti sovrastimano 20 testate atomiche. Ma funzionano davveche ro? Come facciamo a sapere se le affermazioni di Kim Jongun sono vere? Di tutto questo si dibatterà alla conferenza «Corea: incubi nucleari», prevista per mercoledì alle 17.30 presso la Sala degli affreschi della biblioteca comunale di Trento. Tra gli organizzatori l’università di Trento, il Centro per la cooperazione internazionale — con Mirco Elena — e il Forum trentino per la pace. Relatore dell’evento sarà il professor Wolfango Plastino, docente di Fisica applicata presso l’università di Roma Tre, esperto in Radioattività ambientale e membro tra gli altri del Gruppo di lavoro sulla sicurezza internazionale e il controllo degli armamenti dell’Accademia nazionale dei Lincei.
Professor Plastino, immagino che alla conferenza tratterà la questione nordcoreana da un punto di vista tecnico-scientifico.
«Esattamente, in particolare metterò in evidenza il ruolo svolto da un’organizzazione con cui collaboro, la Ctbto (Comprehensive nuclear-testban treaty organization), un segretariato tecnico provvisorio internazionale con sede a Vienna istituito per verificare l’operatività del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (1996). Un trattato, ricordiamolo, non entrato in vigore a causa della mancata ratifica da parte di alcuni dei 44 Stati che all’epoca possedevano la tecnologia nucleare; tra questi Cina e Stati Uniti, la Corea del Nord invece non ha neanche firmato. Tali inadempienze — colpisce quella degli Stati Uniti, così critici verso gli altri Paesi sulla questione nucleare — ci impediscono di ispezionare i siti: siamo una polizia scientifica che non ha accesso al luogo del crimine».
E quindi come fate a monitorare gli eventi atomici nel mondo?
«Lavoriamo da remoto, analizzando le onde elastiche si propagano nel sottosuolo, negli oceani e nell’atmosfera (sismiche, idroacustiche, infracustiche) prodotte dalle esplosioni artificiali anomale che registriamo; ma per capire se tali esplosioni siano di natura nucleare avremmo bisogno di ben altre evidenze, come la presenza di radionuclidi e gas nobili come lo xenon e l’argon, quest’ultimo particolarmente indicativo perché proverebbe un evento nucleare recente. Ecco, nel caso del test nucleare nordcoreano del 3 settembre 2017, per il quale si parlò di bomba a idrogeno…».
Ci sono state esplosioni atomiche di quella portata o no?
«Posso dirle con ragionevole certezza che abbiamo registrato delle esplosioni ma sulla loro potenza e sulla loro natura non ci sono certezze. Non credo affatto però che i numeri allora forniti sulla potenza equivalente prodotta (150-2oo kilotoni) siano possibili: dalle nostre registrazioni ho potuto stimare al massimo 20-50 kilotoni. Insomma, quella del 3 settembre 2017 molto probabilmente non era una bomba a idrogeno».
Si parlò anche di una caduta del sito nucleare a causa del terremoto, di centinaia di morti.
«Una notizia inverosimile, ancor più dal punto di vista scientifico: se il sito nucleare fosse collassato il gas radioattivo sarebbe fuoriuscito e noi avremmo avuto la prova inconfutabile della natura nucleare di quel test».
La Corea del Nord ha dato però prova di avere missili balistici intercontinentali; che poi sia in grado o meno di miniaturizzare una testata atomica da inserirvi è un altro discorso.
«Verissimo, la miniaturizzazione è un procedimento complesso che attualmente la Corea del Nord potrebbe non essere in grado di operare. Discorso ben diverso per la Cina però e sappiamo benissimo quali siano le relazioni tra i due Paesi. La minaccia atomica per la Corea del Nord è un deterrente, una difesa; Kim Jong-un ha probabilmente compreso la lezione dell’Iraq e della Libia e non vuole che il suo Paese faccia la stessa fine».
E gli Stati Uniti che ruolo hanno in questo gioco di forze e alleanze?
«Un conto sono i proclami via Twitter, un conto è rapportarsi con la Cina, che economicamente tiene il mondo in scacco; ci sono vari modi per fare la guerra. Ma per tornare a un settore a me più congeniale, vorrei far osservare che gli Stati Uniti e gli altri Paesi che hanno condotto esplosioni nucleari dovrebbero essere tra i primi a rendere conto almeno moralmente per i danni e le contaminazioni prodotti dai test nucleari degli ultimi 70 anni, che complessivamente ammontano a 2.300, di cui 175 solo nel 1962 (l’anno della crisi dei missili a Cuba). Per tutto questo saremo invece noi e il pianeta a pagare le conseguenze».
«Gli Stati che hanno condotto esplosioni dovrebbero rendere conto dei danni»
«Un conto sono i proclami via Twitter un altro è rapportarsi con la Cina»