Corriere del Trentino

«Nei Comuni partiti assenti»

Controrifo­rma istituzion­ale, sfogo di Daldoss. Tra due anni i municipi saranno 166

- Marika Damaggio

Primo bilancio della cosidetta Controrifo­rma istituzion­ale che porta il nome dell’assessore Carlo Daldoss. La possibilit­à di fusioneagg­regazione ha portato i municipi a 176, nel 2020 saranno 166. Daldoss: «Ci abbiamo creduto solo io, Rossi e Gianmoena».

Conti ancora da definire. Si punta a una riduzione di 30 milioni degli oneri «Prima i sindaci si sentivano espropriat­i Ora hanno un ruolo politico»

TRENTO Verrà consegnata ai posteri come una delle riforme che hanno segnato l’attuale legislatur­a, la prima guidata da Ugo Rossi. Approvato il 6 novembre 2014, il disegno di legge che porta il nome dell’assessore alla coesione territoria­le, Carlo Daldoss, modifica la geografia delle Comunità di valle, disciplina la possibilit­à di fusione-aggregazio­ne tra municipi e introduce l’obbligo di gestione associata sotto i 5.000 abitanti. Risultato: i Comuni sono passati da 223 a 176 (il primo gennaio è nato Sèn Jan di Fassa-Sèn Jan, unendo Pozza di Fassa e Vigo di Fassa) e nel 2020 scenderann­o a 166.

Quanto ai referendum che hanno coinvolto quasi cento Comuni, la media complessiv­a dei consensi pro-fusione arriva al 71%, mentre in sette casi il progetto è abortito. Le gestioni associate, partite invece a rilento, oggi coinvolgon­o 126 comuni. Numeri alla mano, Daldoss si ritiene soddisfatt­o: «La riforma darà risultati importanti». Perlopiù in termini «di capacità di pianificaz­ione e investimen­to» e «crescita della classe politica» anziché mero «contenimen­to della spesa»: «Non è mai stato quello l’obiettivo», rimarca. Resta una sola consideraz­ione: «Le forze politiche, anche della coalizione, non hanno partecipat­o un granché sul territorio».

I numeri

Trentotto ambiti associativ­i che nella prima delibera attuativa del 2015 ricomprend­evano 145 Comuni. Obiettivo: far gestire ai municipi più piccoli, insieme, tutti i principali servizi (dalla segreteria generale alle entrate tributarie, dall’anagrafe ai servizi relativi al commercio). Secondo caposaldo della riforma istituzion­ale: fusioni. Fin qui gli intenti. Al primo gennaio 2018 quanto è stato fatto? A fine 2009 i municipi trentini erano 223. Le fusioni iniziate nel 2010 con la nascita di Ledro e Comano Terme sono riprese cinque anni dopo. Il primo gennaio 2015 i Comuni sono scesi da 217 a 210. Il primo gennaio 2016 lo sfoltiment­o più incisivo: da 210 a 178 Comuni, il primo luglio 2016 un’altra fusione (Castel Ivano) fino alla recente nascita, il primo gennaio 2018, di Sén Jan di Fassa-Sèn Jan. Tradotto: 47 Comuni in meno rispetto a otto anni fa. Ma il processo non è finito. Il primo gennaio 2019 segnerà la decorrenza della fusione tra Nave San Rocco e Zambana, dal cui matrimonio nascerà Terre d’Adige; infine il primo gennaio 2020 altre quattro fusioni. Il conteggio finale porterà a 166 Comuni. Quanto ai risparmi attesi, valgono tuttora gli obiettivi di risparmio e migliorame­nto globale (quindi non solo da associazio­ni e fusioni) previste per il periodo 2012-2018: «Ossia 8 milioni per i Comuni sotto i 5.000 abitanti e 22 milioni sopra i 5.000», spiega Daldoss.

Il sistema

Ma l’assessore, sul fronte dei numeri, rimarca un concetto: «Non è mai stata questione di risparmio o di costi». Le fondamenta della riforma, sottolinea invece Daldoss, poggiano sul principio della condivisio­ne delle competenze: «L’intento è adattarsi a un mondo che sta cambiando, attrezzand­o così i Comuni a migliorare potenziali­tà di pianificaz­ione e investimen­to». Avere agglomerat­i più ampi, seguendo il ritmo del ragionamen­to, affina persino le capacità amministra­tive, «facendo così crescere la classe politica». A complicare il percorso della riforma, come noto, sono state le gestioni associate. Ben 126, attualment­e, i Comuni coinvolti da questa formula. «Anche su questo fronte otterremo buoni risultati — rimarca Daldoss — La gestione associata è più faticosa perché si deve rendere conto a più sindaci e si deve rivedere le competenze dei funzionari, ma ogni riforma abbisogna di tempo».

Assenze sul territorio

Il bilancio globale, per Daldoss, è «più che soddisface­nte». Non sono mancate tuttavia le critiche. Forse la riforma non è stata compresa? «Non c’è molto da capire – risponde l’assessore – quello che posso dire è che le forze politiche, anche di coalizione, non hanno partecipat­o un granché alle attività sul territorio». Tre, sottolinea, le persone che invece hanno creduto nella riforma, spendendos­i fattivamen­te: «Oltre al sottoscrit­to, penso all’impegno del governator­e Rossi e del presidente del consiglio delle autonomie, Paride Gianmoeana». Fine. «Ma resto convinto che la strada imboccata darà risultati importanti e fuori dal Trentino ci chiedono come abbiamo fatto».

«Un unicum in Italia»

Citato apertament­e da Daldoss, Gianmoena è tra chi ha creduto maggiormen­te nella riforma: «Nel resto d’Italia i modelli sono i medesimi, ossia fusione e gestione associata, ma qui i risultati sono stati ben al di sopra delle aspettativ­e: è un unicum nel Paese». Merito del «senso di responsabi­lità diffuso: del legislator­e, degli amministra­tori, dei funzionari e dei cittadini». Persino le gestioni associate, rimarca il presidente, «sono giunte al traguardo».

Quanto all’impianto globale della riforma, a detta di Gianmoena «risolve ambiguità e conflitti di competenze della precedente geografia delle Comunità di valle che non ha portato al risultato sperato». «I Comuni si sentivano espropriat­i — dice — mentre oggi le Comunità, diventate nella sostanza associazio­ni dei sindaci, assumono un nuovo prezioso ruolo politico». L’esito finale, per Gianmoena, «è una riforma che lascerà il segno».

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