«I migranti ci ricordano l’ingiustizia»
Epifania dei popoli, il messaggio di Tisi. «Il divario economico è un problema»
Durante la messa celebrata in Duomo per la festa dell’Epifania don Lauro Tisi ha istituito un parallelismo tra i Magi, stranieri allora e i migranti, stranieri di oggi. «I migranti arrivati in mezzo a noi — ha detto l’arcivescovo — hanno generato paura e scompiglio perché ci hanno messo di fronte a una sconcertante verità: nel mondo qualcuno ha troppo e altri hanno il nulla».
TRENTO «All’arrivo dei magi, uomini diversi e pieni di interrogativi, il potere civile e religioso di Gerusalemme reagì con timore. Lo stesso accade oggi, in un contesto storico che ha protagonisti diversi. I migranti arrivati in mezzo a noi hanno generato paura e scompiglio perché ci hanno messi di fronte ad una sconcertante verità: nel mondo qualcuno ha troppo ed altri hanno il nulla».
Durante la Santa messa per la celebrazione dell’Epifania in Duomo, prima di benedire le famiglie di migranti, l’arcivescovo Lauro Tisi ha letto con gli occhi del presente l’episodio evangelico dell’arrivo dei Magi. Nell’omelia ha messo in luce le analogie fra lo spaesamento di allora di fronte alla novità e le criticità odierne che interessano i migranti. «La paura per lo straniero — ha spiegato monsignor Tisi — deriva da una ritrosia delle comunità ad accogliere, perché accogliere significa apportare cambiamenti, alzarsi e cercare risposte alle nuove domande». Il vescovo di Trento ha poi ringraziato i migranti, dal momento che «con i loro punti di domanda producono cambiamenti positivi, risvegliando i popoli su certe tematiche». Per esempio, arrivando portano l’occidente a chiedersi perché esistano così tanti e crescenti squilibri a livello globale.
Nel paragone coi tre magi si sono rivisti i migranti che ieri hanno partecipato alle celebrazioni dell’Epifania dei popoli. Lo hanno testimoniato le parole usate dai portavoce delle varie comunità di migranti di fede cattolica residenti in Trentino: «Come i magi, anche noi arriviamo da lontano e ci riuniamo in questa cattedrale che tanti anni fa ci ha accolti, dandoci la dimostrazione che la chiesa è senza frontiere».
E così le bandiere di Ecuador, Somalia, Albania, Moldavia, Pakistan, Brasile, Messico e tanti altri paesi hanno sfilato per la navata centrale del Duomo, mescolate ai colori degli abiti tradizionali dei rispettivi paesi. A un coro di bambini ucraini e polacchi è seguito un alleluia insolito, eseguito in urdu da un migrante pakistano cristiano perseguitato nel proprio paese d’origine.
Un mosaico di popoli accomunati dalla fede cattolica, posatosi sul territorio trentino con l’aiuto della Diocesi, del Centro missionario, di Migrantes e di don Beppino Caldera. Hermanissa, fuggita dalla guerra in Somalia e arrivata a Trento nel 1994, è una di quelle tessere integrate; e, anche se ieri ha portato all’altare la bandiera somala, si sente a tutti gli effetti trentina.
Tuttavia, «non bisogna dimenticare che oltre ai momenti di condivisione, mediazione culturale e festa ce ne sono altri di grande difficoltà, soprattutto di natura economica» ha puntualizzato Leonora Zefi, presidentessa dell’associazione Donne albanesi in Trentino e attivo membro della comunità dei migranti in Trentino. Ha poi accentuato il concetto, spiegando che chi è riuscito a presenziare all’Epifania dei popoli «ha scelto di rinunciare a una giornata di lavoro, un sacrificio da ammirare, perché mostra quanto sia grande la volontà di far parte della comunità dei popoli. Tanti altri non hanno potuto esserci, anche se avrebbero voluto».
Zefi Chi oggi è qui ha rinunciato a una giornata di lavoro