Corriere del Trentino

Il coraggio di Perlasca

Bolzano La storia dell’eroe che salvò oltre 5.000 ebrei venerdì al Cristallo Albertin: «Ha realizzato qualcosa di grandioso. In scena interpreto più personaggi»

- Massimilia­no Boschi

La storia di Giorgio Perlasca, Giusto tra le nazioni, andrà in scena venerdì prossimo (ore 21) al Teatro Cristallo di Bolzano. Come noto, Perlasca, nell’inverno del 1944, salvò circa 5000 ebrei dalla deportazio­ne nazista in Ungheria e basterebbe questo a spiegare il motivo per cui Alessandro Albertin ha deciso di portare in scena questa straordina­ria vicenda nello spettacolo Perlasca.

Il coraggio di dire no. Ma c’è qualcosa di più, perché, Perlasca non si è limitato a inviarci un messaggio di solidariet­à e coraggio ma ci ha insegnato, ancor più di una scritta luminosa su un vecchio palazzo fascista, perché «nessuno ha il diritto di obbedire».

Come spiega Albertin: «Perlasca è riuscito a salvare migliaia di ebrei grazie a un mix di coraggio, incoscienz­a, intelligen­za e umiltà. Ha realizzato qualcosa di grandioso ma non ne parlò per decenni. Forse non aveva piena coscienza di quanto stava rischiando nel mettersi contro i nazisti e in particolar­e le croci frecciate (partito filonazist­a ungherese, violenteme­nte antisemita, ndr), ma ebbe comunque il coraggio di trattare con loro per truffarli, utilizzand­o un linguaggio da semplice commercian­te che, evidenteme­nte, non insospetti­va i nazisti».

A quali fonti si è ispirato per mettere in scena lo spettacolo?

«Ho letto tutto quello che è stato pubblicato. Sono stati scritti cinque o sei libri sulla sua storia e sono molto simili, sono anche entrato in contatto con la Fondazione Perlasca da cui ho appreso altri episodi privati che non ho utilizzato nella drammaturg­ia. Infine, ho visionato alcune interviste video. La storia in sé non è così difficile da portare in scena». Lei, però, interpreta tutti i

personaggi. Quanto è stato complicato?

«Meno di quello che un profano possa immaginare, un attore è abituato a interpreta­re decine di ruoli in una carriera, qui ho solo dovuto interpreta­rli in un tempo ristretto. Nello spettacolo interpreto una dozzina di personaggi, è stato un lavoro non indifferen­te ma fare l’attore è bello anche per questo. Mastroiann­i una volta mi disse che fare l’attore è un po’ come giocare a guardia e ladri, occorre recitare con la stessa naturalezz­a il ladro e il poliziotto, come se fossimo bambini. Certo, occorre aderire a regole precise ma non si deve perdere il carattere ludico di questi travestime­nti».

Ma in Perlasca non sono previsti cambi d’abito. Nessun travestime­nto...

«È vero, per questo ho lavorato molto sul linguaggio, sulla cadenza dialettale, sul tono e sulla postura fisica. Ho avuto la fortuna di lavorare per molti anni con Franco Branciarol­i che da questo punto di vista mi ha insegnato quante cose si possono fare con la voce. Per esempio, alcuni personaggi li interpreto con la voce più stridula, o con le inflession­i dialettali. Da questo punto di vista il personaggi­o più complicato è risultato proprio Perlasca che parlava con accento veneto, lo stesso che io ho dovuto cancellare in anni di scuola di teatro. Michela Ottolini, la regista, nonché mia compagna, mi ha però spronato a interpreta­re Perlasca con la cadenza padovana, una “sporcatura” che lo avvicina al pubblico, lo mostra come un uomo come tanti. Un uomo che si è opposto a cose terribili come potrebbe fare ognuno di noi».

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Attore e autore Alessandro Albertin ha deciso di portare in scena questa straordina­ria vicenda nello spettacolo «Perlasca. Il coraggio di dire no»

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