Lezioni d’arabo: tanti italiani e figli di migranti
Corsi per italiani e figli di migranti. Breigheche: «Non è così difficile come si pensa»
Gardolo, a lezione di arabo. Sono già duecento gli iscritti, trai 5 e i sedici anni, sia italiani che figli di migranti che vogliono imparare o perfezionare la lingua. È l’occasione per cimentarsi con un’idioma «non così difficile» spiega l’insegnante Nibras Breigheche, ma anche «un ponte di pace» in epoca di guerre di religione e di armi.
TRENTO Approcciarsi alla lingua, e alla cultura, di una grande comunità formata da 420 milioni di parlanti in 25 Paesi dislocati in un ampio ventaglio geografico che va dal Nordafrica affacciato sull’Atlantico alla Penisola arabica, passando naturalmente per il Medio Oriente. Il corso di arabo di livello base (A1) organizzato dalla Comunità islamica del Trentino Alto Adige torna anche quest’anno. È l’occasione per cimentarsi con un’idioma «che non è così difficile», come spiega l’insegnante, Nibras Breigheche, ma anche l’opportunità di un incontro e un modo per gettare «un ponte di pace» in epoca di guerre di religione (e di armi e soldi).
L’appuntamento è mercoledì 17 gennaio alle 19.30 nella sede di via Soprasasso 24/3 a Gardolo. Il corso per adulti dura 20 ore, per una ventina di partecipanti, gratuito o con offerta libera. Si parte dall’alfabeto, di 28 lettere: «Nulla di così impossibile» spiega Breigheche, nata in Italia da genitori siriani (è figlia dell’imam Aboulkheir), lei stessa prima imam donna nel Belpaese e insegnante di lingue professionista. Collabora con diverse scuole pubbliche trentine nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri.
«Si imparano le lettere — spiega — e come accostarle nel corsivo. Rispetto all’italiano l’arabo è più semplice perché non ha lo stampatello maiuscolo e minuscolo, ma solo il corsivo». I partecipanti imparano a leggere e magari a scrivere sotto dettatura. Vengono insegnati anche i saluti e le presentazioni semplici.
I corsi di arabo fanno parte di un’attività che l’associazione porta avanti da un quindicennio. Per i bambini e i ragazzi delle seconde generazioni dell’immigrazione, che apprendono la lingua in fami—. glia o la sentono parlare, ci sono i corsi di perfezionamento, molto richiesti. «Ora abbiamo 200 partecipanti, dai 5 anni ai 16. Manca quasi lo spazio», racconta.
Il livello base è frequentato solitamente da trentini o italiani «autoctoni». «I partecipanti a questa simpatica e particolare esperienza — prosegue Breigheche — sono diversi tra loro. Si va dagli studenti universitari di lingue, giurisprudenza, storia e filosofia che hanno magari vent’anni a coloro che lavorano, penso all’impiegato che non ha mai imparato una lingua straniera ma che è curioso e cerca qualcosa di nuovo e originale».
L’arricchimento personale è assicurato, così come la conoscenza base che può tornare comoda in un viaggio in uno dei Paesi che adottano l’arabo ufficiale (ma le varianti locali e dialetti variano tra loro). «Io stessa che vengo dall’arabo mediorientale non capivo all’inizio l’arabo marocchino. Ora sì — racconta Tra queste due varietà c’è la stessa differenza che c’è fra il dialetto trentino e quello siciliano. Se si parla stretto non ci si capisce reciprocamente».
Il corso insomma permette di aprire i propri orizzonti. «L’arabo è lingua ufficiale dell’Onu ed apre a un grandissimo patrimonio storico-culturale, fatto di lingue e testi fatti anche da parole polisemiche che talvolta vengono strumentalizzate. La questione dell’ignoranza dei testi è il veicolo migliore per chi li strumentalizza». In un periodo in cui le società occidentali sono pervase dall’islamofobia strisciante e nel quale non cessano i venti di guerra nel Medio Oriente (dopo la Siria la tensione si sta spostando sul confronto tra i blocchi UsaIsraele e Iran-Hezbollah) un’infarinatura di arabo è anche l’occasione di incontro, «per gettare un ponte: pace e dialogo nascono dalla conoscenza reciproca» conclude Breigheche.