Dallapiccola: «Il biologico non è la panacea»
Piazza Dante spinge la mela trentina. Apot: «Protagonisti sui mercati esteri»
TRENTO «Il biologico non è la panacea di tutti i mali, la sua efficacia dipende dai luoghi in cui il metodo viene declinato. Va calibrato valle per valle, non ha un’unica ricetta». È invece la sostenibilità del prodotto, secondo l’assessore all’agricoltura Michele Dallapiccola, il vero risultato a cui deve ambire la frutticoltura trentina, contando sul supporto della ricerca per coltivare «prodotti con tecniche che siano compatibili con la microflora e la microfauna del territorio, e che al contempo risultino salubri per chi li consuma».
Progetto trentino frutticolo sostenibile — il percorso messo in piedi da Apot nella primavera 2016 e i cui risultati sono stati presentati ieri mattina presso la Federazione trentina della cooperazione — studia e controlla le produzioni presenti sul territorio. L’obiettivo della cooperativa che rappresenta i consorzi della quasi totalità dei produttori ortofrutticoli del Trentino vuole essere il raggiungimento di standard di sostenibilità tali da connotare positivamente il prodotto frutticolo trentino, specialmente la mela, distinguendolo da tutti gli altri. E permettendogli di «assumere posizioni di primaria importanza sul mercato internazionale», come auspica Ennio Magnani, Presidente di Apot. Come? «Ad esempio creando un legame fra il tema delle produzioni di montagna e il tema della sostenibilità», risponde l’esperto di marketing Roberto Dallacasa. Un’operazione di comunicazione particolarmente sospinta anche dalla politica provinciale.
Dal 2016 Apot ha avviato una serie di controlli analitici della frutta per valutare la conformità delle tecniche o dei prodotti usati dagli agricoltori con l’obiettivo di sostenibilità posto. Campionamento seguito da un’indagine di valutazione della biodiversità dei territori frutticoli. E, anche se il biologico non è «la panacea di tutti i mali», Alessandro Dalpiaz (direttore di Apot) spiega che l’intenzione è di «raddoppiare entro il 2022 gli ettari dedicati ai meleti di produzione biologica, da 400 che sono oggi a 800, ovvero il 10% delle colture trentine». Saranno poi incrementate le colture delle varietà resistenti, «che arriveranno a coprire il 4% del totale», continua Dalpiaz.
La produzione frutticola di montagna ricerca la sostenibilità nella riduzione al massimo dell’utilizzo di fitofarmaci, tentando di sostituirli con tecniche alternative, dal controllo meccanico delle erbe infestanti, all’utilizzo di nemici naturali, ovvero particolari insetti, in contrasto alla mosca del mediterraneo, che ha dato problemi nelle colture di melo a Trento sud.