FIFA NERA e FIFA BLU
Il lavoro di Ballerini e Terranera affronta la paura e l’immigrazione Dieci storie dedicate ai ragazzi Doppia presentazione il 17 a Bolzano
Un libro «double face» sulla paura. Lo ha scritto Alessandra Ballerini, lo ha disegnato Lorenzo Terranera e lo ha pubblicato Donzelli. Si intitola Fifa nera, fifa blu e verrà presentato a Bolzano il 17 gennaio in due appuntamenti diversi. Il primo, alle 17, alla Biblioteca Sandro Amadori del circolo Don Bosco. Il secondo, alle 20.30 nella sala Giuliani del Teatro Cristallo.
In entrambe le occasioni saranno presenti gli autori. Fifa
nera, fifa blu è un libro per ragazzi figlio del lavoro sul campo e della scoperta che la paura ha diversi colori e molte facce. C’è la nostra, la fifa blu di chi è nato e vive nella parte ricca del pianeta, spaventato dall’arrivo di migliaia di persone che non hanno avuto la stessa fortuna, e quella di chi arriva: la fifa nera di chi ha dovuto attraversare il deserto e il mare e che non sa quale futuro lo attende. Il volume contiene dieci storie che rappresentano parte di queste paure, un racconto (Le parole) è stato scritto da Fabio Geda, un altro da Marco Aime (Meno male), gli altri otto da Alessandra Ballerini, avvocato civilista specializzato in diritti umani e migrazioni. Tutte e dieci sono illustrate da Lorenzo Terranera, disegnatore e scenografo che ci ha presentato in anteprima il volume e ci ha anticipato i temi degli incontri del 17: «L’incontro pomeridiano sarà soprattutto un laboratorio di disegno per bambini e famiglie che partirà dai temi del libro, il secondo sarà una presentazione più classica, anche se quello che facciamo ha sempre poco di classico».
In effetti, il volume edito da Donzelli non è come tutti gli altri. Per esempio, può essere letto da entrambe le parti. Partendo dalla copertina vera e propria, da cui inizia Fifa Nera o, al contrario, dalla quarta di copertina in cui iniziano le storie di Fifa blu. Come recita la scheda di presentazione: «Si propongono due itinerari di lettura senza ipocrisie, alla scoperta delle reciproche paure, per provare a dissolverle». Una dissolvenza che Terranera ha illustrato con un lungo disegno nel paginone centrale in cui un bambino, solo su una barca in mezzo al mare, osserva, ricambiato, una bambina altrettanto sola che lo attende sulla riva. Per unirli basterebbe «un ponte» che, non a caso, è il titolo dell’ultimo racconto di Fifa blu. Terranera: «Si riferisce a un episodio accaduto realmente durante un laboratorio che abbiamo tenuto a Lampedusa. Si discuteva delle morti in mare e uno dei bambini ha chiesto molto semplicemente perché non venisse costruito un ponte per evitare quelle stragi. Lui lo chiamava ponte, noi lo chiamiamo corridoio umanitario, l’obiettivo è lo stesso: un attraversamento in sicurezza».
Non casualmente, il libro è nato proprio a Lampedusa. «Lì — precisa Terranera — ci siamo incontrati io e Alessandra Ballerini in occasione di un campo organizzato da Amnesty International. A Lampedusa abbiamo avuto l’idea di scrivere un libro che affrontasse queste tematiche e, con il passare del tempo, si sono accumulate molte tavole e molte storie, le migliori sono finite nel volume. Storie e illustrazioni nate sull’isola durante gli incontri con il sindaco, il parroco o la guardia costiera» Storie come Metà di noi ambientata in un piccolo comune «abituato da tempo all’accoglienza dei migranti». Un luogo in cui ci si trova a far la conta degli sbarchi e dei morti. «A questo punto, i morti affogati dell’ultimo anno
non sono meno di 5000, dice qualcuno tirando le somme. Sindaco e assessore si guardano, e il lampo di un pensiero li fulmina: È come se metà di noi, metà del paese, scomparisse. Loro due, i volti e le storie del paese li conoscono uno a uno; e mentre danno voce a quel pensiero — Metà di noi… — tutti gli altri nella sala si guardano l’un l’altro, come in una conta, in una lotteria: Quale metà? sembrano chiedersi: Tu o io?.
Per quel che riguarda le illustrazioni, una in particolare colpisce più di altre. Quella di un bambino che procede bendato su una fune, dietro di lui il mare tempestoso racchiuso negli schermi televisivi: «Volevo rappresentare la difficoltà dei genitori nel trovare le parole per raccontare ai figli quanto avviene nel Mediterraneo — spiega l’autore — . Come è meglio comportarsi? Si spegne il televisore per non mostrare il dramma? Sono dubbi che ognuno di noi si pone per comprendere come i bambini vadano guidati attraverso quello che succede. Personalmente penso che se ne dovrebbe parlare, si dovrebbe affrontare l’argomento proprio per evitare che affrontino il mondo ciechi e senza una guida, sospesi su una corda tesa».
Stimolo A Lampedusa abbiamo avuto l’idea di scrivere un libro I disegni Volevo affrontare la difficoltà dei genitori a spiegare certi temi