«Lo scetticismo ? Ci darebbe la pace»
Giorello «incontra» Russell domenica a Trento. «La felicità è figlia della libertà»
Due intellettuali a confronto, entrambi scettici e atei, entrambi filosofi e matematici: Bertrand Russell, premio Nobel per la letteratura, e Giulio Giorello, filosofo della scienza tra i più autorevoli in Italia. Il secondo sarà a Trento domenica per un incontro in occasione dello spettacolo La conquista della felicità. Dialogo tra Bertrand Russell
e Cassiopea, in scena a Spazio Off fino al 28 gennaio. Che attualità ha il pensiero di Bertrand Russell?
«Nel testo La conquista della felicità, che ispira anche lo spettacolo, Russell faceva l’esempio delle galline a cui il contadino porta da mangiare tutti i giorni per poi tirar loro il collo, invitando l’uomo allo scetticismo. Lo scetticismo a cui fa riferimento non è una dottrina come tutte le altre, ma un modo per uscire dai sistemi, non farsi ingabbiare nelle prigioni di idee e forse anche un modo per cambiare le nostre abitudini. Questo consiglio ha una valenza molto forte per alcuni temi attuali, tra i quali quello della possibilità di una guerra mondiale combattuta con armi atomiche, che è diventata oggetto di minaccia quotidiana dei politici per intimidirsi gli uni con gli altri. Ma purtroppo al teologo e al politico manca la capacità di ammettere di aver commesso un errore, un atteggiamento che invece ci potrebbe portare a una migliore convivenza civile».
Russell ebbe una vita lunga e a tratti rocambolesca. Quali erano i suoi difetti come uomo?
«Russell era un impenitente ribelle. Al tempo stesso era un uomo capace di cambiare opinione e di non farsi schiavo della propria idea, ma di variare punto di vista. Non si tratta di opportunismo ma di adattare il proprio pensiero alla mutevolezza del mondo. Russell fu deciso pacifista in occasione della Prima Guerra mondiale ma quando si profilò il rischio del Nazismo rinunciò al pacifismo e accettò l’idea che le democrazie fossero coinvolte in una guerra contro il totalitarismo».
Tre concetti per definire Russell?
«Tre idee forti che traggo dalla sua stessa autobiografia sono il piacere dell’intelligenza, il lavorare anche con lucida disperazione e, terza cosa ma più importante, il fatto che l’amore per i propri figli è stato uno degli elementi più forti della parabola russelliana».
Che cosa è la felicità?
«È difficile rispondere in poche parole. La felicità è una condizione umana in cui si è costretti e tormentati da bisogni il meno possibile. In questo senso la felicità non è tanto la soddisfazione di ogni desiderio, ma un modo di soddisfare i nostri desideri senza recare danno ad altri. La libertà è un presupposto della conquista della felicità. Non riesco a concepire una persona che sia felice ma schiava».
A cosa serve la filosofia oggi?
«Alla stessa domanda il mio amico William Herbert Newton-Smith, professore di Filosofia a Oxford, rispose che non serve a niente e a nessuno, perché la filosofia è fatta per donne e uomini liberi, non schiavi. Se invece ci si vuole chiedere che vantaggi si possono trarre dalla filosofia credo siano quelli dell’uso continuo della ragione nel dialogo con gli altri esseri umani».