UNA MISTICA CHE CAMBIA
Negli ultimi vent’anni il panorama politico ha conosciuto nuove forme. Non definitive, e nemmeno rivoluzionarie a ben osservare, ma pur sempre delle variazioni rispetto all’archetipo novecentesco. Si sono insinuate nella spaccatura del sociale e, da quella paccottiglia di rancore e outsider, hanno assemblato un consenso sottraendolo ai partiti tradizionali. Alcune di queste esperienze hanno avuto uno svolgimento più dotto — Podemos e Ciudadanos in Spagna, per esempio, Macron in Francia — altre sono state bollate come «populismi», ma sono in verità nuove declinazioni della destra e hanno mietuto proselitismi sia nel ceto medio impoverito, sia nelle fasce disagiate.
Il Movimento 5 stelle si colloca in una posizione mediana, ibridando istanze di sinistra e di destra. Condivide il pensiero anti-elitario e ha dilagato tra i vizi dei partiti e le frustrazioni italiche. Passata la fase movimentista, anche i pentastellati, però, hanno dovuto misurarsi con l’istituzionalizzazione. Hanno capito che lo streaming è un giochino pratico per screditare gli avversari, ma se auto-inflitto presenta controindicazioni. La nuova democrazia telematica ha lasciato il passo alla leadership di Luigi Di Maio, il quale affianca i «domini» Grillo e Casaleggio che del movimento muovono tutti i fili (in comunione o divisi, poco importa). Da oggi si terranno le parlamentarie: i candidati selezionati da Di Maio verranno votati dagli iscritti della piattaforma Rousseau, con gli uscenti e i nomi di richiamo (come l’antiSchettino De Falco) avvantaggiati dal fatto che comunque non c’è tempo per il confronto e nemmeno per la pubblicità delle liste. La nozione di partecipazione è un po’ sui generis. Persino la mistica imbastita su anti-europeismo, fenomeni di protesta vari (no-vax e altre chincaglierie) e rigore morale (gli indagati sono stati sdoganati) è destinata a esaurirsi: ora l’obiettivo è il governo e non c’è più tempo per divagazioni sul tema. Rimane intatto solo il fortino dello «straniero» perché su quel terreno si coagula un risentimento (e un’audience) reale. Quindi niente «ius soli» per i cittadini senza cittadinanza e mutuazione della divisione binaria, riproposta da Di Maio a Rovereto, tra «profughi in fuga dalla guerra» (accoglibili con moderazione) e «migranti economici» (da respingere), come se conflitti e fame non fossero le facce della stessa medaglia.
L’esperienza di opposizione ha conosciuto così alti e bassi tra intuizioni e boutade (e tante gaffe, ma è il retaggio dell’uomo comune che sale alla ribalta) anche se in Trentino — a livello sia comunale sia provinciale — è rimasta improntata ai contenuti e alla ragionevolezza, elemento non comune altrove. Non vanno disconosciuti i meriti del Movimento 5 stelle, primo fra tutti l’aver offerto rappresentanza a molti apolidi politici e incanalato nelle istituzioni il disagio (tra cui quello giovanile), evitando pericolosi cortocircuiti. E di aver rinnovato nel dibattito pubblico l’interesse per temi fondamentali come la lotta ai privilegi, la sostenibilità e la cura della democrazia malata (seppure una medicina manchi). La sensazione è tuttavia che ciò non sia stato sufficiente per inventare nuovi modelli collettivi/partecipativi e che la fortuna a cinque stelle in termini di consenso sia ancora fortemente dipendente dalla debolezza del sistema politico e dall’assenza di proposte radicali ai grandi nodi del nostro tempo.