Estro e inclinazioni, venti artisti del ’900
Palazzo Trentini, in mostra i lavori giovanili e quelli della maturità Esposti Depero, Moggioli, Winkler, Garbari, Auchentaller e altri
Inclinazioni - Opere giovanili e della maturità di venti artisti trentini del Novecento, la mostra che verrà inaugurata venerdì 19 gennaio a Palazzo Trentini, non è la solita esposizione che si limita a celebrare gli artisti locali. Perché è il frutto di un’attenta ricerca e di un punto di vista particolare. Inclinazioni che resterà aperta fino al 10 marzo, presenterà venti artisti trentini del ‘900 mettendo a confronto per ognuno di essi un’opera giovanile e una della maturità. Il «come» e il «perché» ce li spiega Roberto Festi che ha curato la mostra insieme alla storica dell’arte Chiara Galbusera: «L’obiettivo è quello di comprendere come l’estro e l’inclinazione artistica possano svilupparsi a partire dalla giovinezza mentre l’esposizione delle opere giovanile permette di confrontare le diverse formazioni degli artisti (scolastica, accademica o da autodidatta) con le opere della maturità. Personalmente conoscendo quasi tutti gli artisti esposti in modo approfondito sono rimasto sorpreso nel notare esordi assolutamente non coerenti con gli sviluppi successivi».
Gli artisti esposti sono: Josef Maria Auchentaller, Roberto Marcello (Iras) Baldessari, Luigi Bonazza, Bruno Colorio, Fortunato Depero, Benvenuto Disertori, Orazio Gaigher, Tullio Garbari, Erika Giovanna Klien, Fausto Melotti, Umberto Moggioli, Guido Polo, Aldo Schmid, Riccardo Schweizer, Luigi Senesi, Cesarina Seppi, Giorgio Wenter Marini, Othmar Winkler, Dario Wolf e Remo Wolf. Sono tutti artisti del Novecento, tutti provenienti dalla stessa area geografica ma che hanno seguito percorsi artistici differenti che la mostra aiuta a definire e comprendere meglio. «Dieci dei venti pittori presentati sono nati nell’ultimo quarto dell’Ottocento — precisa Festi — e sono quindi testimoni di un momento in cui era forte la componente accademica. Nel Novecento le cose sono cambiate e si è sentita fortemente l’influenza della Secessione viennese. Ma non tutti hanno seguitò la stessa maturazione, molti sono stati influenzati dalle tendenze artistiche di Vienna e Monaco, altri di Milano, Venezia, Firenze, Roma e i percorsi seguiti sono molto diversificati con adesioni, più o meno concrete a differenti movimenti artistici: lo Jugendstil di impronta viennese e monacense, il Futurismo, la Nuova Oggettività, l’Astrazione...
Ma le differenze non sono confinate allo «stile» perché qualcuno ha avuto una lunga carriera, con i relativi cambiamenti, mentre altri l’hanno avuta molto breve o addirittura incompiuta. Come precisa il curatore: «Tullio Garbari, Umberto Moggioli, Aldo Schmid e Luigi Senesi, per esempio, giungono appena alla soglia dei quarant’anni. Ovviamente questo fa sì che complessivamente si notino anche forti differenze». Per cinque degli artisti presentati in mostra, i curatori hanno selezionato non due, ma tre opere per illustrare meglio le innovazioni particolarmente significative messe in atto. Ma, come spiega Festi, il visitatore potrà approfittare anche di un’ulteriore possibilità: «Metà delle opere esposte sono inedite, perché le opere giovanili solitamente non interessano musei e gallerie che si concentrano sulle opere migliori e più mature. Il reperimento di queste opere è figlio di un lungo lavoro che siamo riusciti a realizzare grazie al collezionismo privato, soprattutto grazie alle famiglie degli artisti. Le opere della maturità vengono, invece e soprattutto, da enti e musei del territorio».
Infine, non si può non sottolineare come una esposizione di questo tipo finisca per farci ragionare anche sugli anni che passano, su cosa eravamo, su cosa pensavamo di diventare, su cosa siamo diventati. Da questo punto di vista non si può non citare una nota scritta nel 1981 dal settantenne Remo Wolf, un brano che Festi ha giustamente inserito nel testo scritto per il catalogo: «Mi accorgo che invecchiando sono peggiorato. Ora vorrei che il mio lavoro avesse anche qualche riconoscimento: prima l’unico mio desiderio era di arrivare a fare un lavoro buono. Buono nel senso che significasse qualche cosa, che fosse frutto di emozione e che avesse le carte in regola con la tecnica. Oggi questo non mi basta più e il desiderio di qualche riconoscimento su quello che ho fatto mi sembra porti ad uno scadimento del lavoro. Questo non è bene. Devo tornare a considerare i riconoscimenti come cosa inutile e a cercare solo una buona resa del lavoro, a riunire e mettere in esso quello che sono le ansie o i pensieri o i sentimenti che muovono a fare. È, in fondo, togliersi di dosso un’ambizione per fare solo un buon lavoro. O, forse, anche questa è un’ambizione? Ora nevica e copre lentamente le cose. Lo stesso deve succedere con il lavoro. Il tempo ricopre con la polvere gli oggetti: solo quelli validi resistono ed escono dalla polvere». Che altro aggiungere?
Il curatore Festi L’obiettivo: capire come estro e vocazione artistica si sviluppino dalla giovinezza