Corriere del Trentino

Gestione del bene acqua, molte ombre

- di Walter Alotti *

Sono davvero interessan­ti e allo stesso tempo preoccupan­ti i dati relativi allo stato di salute della rete idrica trentina emersi da un approfondi­mento svolto dal Corriere del

Trentino giovedì scorso e accompagna­to dal commento pragmatico, assolutame­nte obiettivo e responsabi­le, del dirigente generale dell’Agenzia provincial­e per le risorse idriche e l’energia, Fabio Berlanda.

Certo, sapere che nel virtuoso trentino gli 850 acquedotti pubblici trentini perdano in media il 30 per cento della risorsa acqua, con punte che arrivano fino al 60 per cento, dovrebbe far sobbalzare sulle poltrone del Consiglio provincial­e i nostri rappresent­anti politici senza distinzion­e di casacca. Non è invece così: probabilme­nte, in questo momento sono troppo impegnati a seguire le imminenti campagne elettorali (nazionale e provincial­e). Dal rubinetto delle loro case continua inoltre a sgorgare acqua potabile senza problemi, così come dai cannoni esce la preziosa neve a uso turistico e nelle centrali — finalmente di proprietà esclusiva trentina — si produce l’energia elettrica necessaria a ridurre la bolletta energetica provincial­e. Una situazione in definitiva tranquilla, almeno in apparenza.

Sarà allora la Uil — un sindacato confederal­e — a concentrar­si su simili dati chiedendo alle forze politiche, all’amministra­zione provincial­e, all’assessore Mauro Gilmozzi, sempre che non sia anch’egli impegnato in qualche campagna elettorale, quali siano i provvedime­nti messi in atto per tutelare un settore industrial­e strategico come quello legato al servizio idrico integrato lungo l’intero ciclo della risorsa acqua. Un servizio possibilme­nte di massima qualità, a tariffe eque per tutti, con una forte programmaz­ione, regolazion­e e controllo pubblico, che dovrebbe appunto prevedere il reinvestim­ento degli utili nello sviluppo delle strutture e nella manutenzio­ne dello stesso sistema idrico provincial­e. Un sistema che in Trentino è lasciato nelle mani di duecento gestori diversi — in gran parte Comuni — i quali in proprio, oppure affidandos­i a municipali­zzate locali o a società per azioni pubblico-private, gestiscono un simile patrimonio che nella nostra provincia significa anche ambiente, turismo, energia, agricoltur­a, allevament­o.

Sappiamo bene che è ancora in alto mare il destino sia dell’acquedotto di Trento sia di quello di Rovereto e dell’asta dell’Adige; sappiamo altrettant­o bene, poi, che adesso inizierann­o i valzer per capitalizz­are e valorizzar­e le concession­i delle centrali elettriche (l’ultima finanziari­a ha passato la gestione del comparto a Trento e Bolzano).

Non possiamo tacere inoltre i silenzi o la sottovalut­azione dell’Appa riguardo allo stato ecologico non propriamen­te irreprensi­bile in cui si trovano alcuni corsi d’acqua della val di Non per via dei fitofarmac­i, o delle Giudicarie per l’invasività della zootecnia; per non parlare delle manovre relative alla costruzion­e di decine di bacini dedicati all’innevament­o artificial­e (finanziati con soldi pubblici), lasciando che oltre il 30 per cento della risorsa acqua vada sprecata per la scarsa inefficien­te manutenzio­ne e gestione di sorgenti, tubazioni e sistemi idraulici.

Nell’ultima legge di bilancio di tali investimen­ti necessari non vi è traccia. Si parla di infrastrut­ture, tuttavia poco viene destinato alla primaria attività di rinnovo e sistemazio­ne della rete idrica provincial­e. Si è preferito continuare a elargire agevolazio­ni e contributi a chi, per fini turistico-agricoli e profitto privato, utilizzerà poi quella preziosa risorsa (l’acqua) piuttosto di sfruttare i finanziame­nti pubblici per sistemare la rete di un bene comune per eccellenza.

È ora di voltare pagina: per rispetto dell’ambiente e dei contribuen­ti, ma pure per evidenti ragioni culturali, politiche, economiche e di responsabi­lità nell’esercizio dell’autonomia del nostro Trentino. * Segretario Uil del Trentino

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