Corriere del Trentino

Come coltivare i piselli Piante note e leggendari­e

- di Martha Canestrini angolodeig­iardini@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La volta scorsa parlavo di carote, proseguo ora con i piselli, Pisum sativum. Sono verdure simbolo per l’orto, non semplici da coltivare. Vogliono terreno leggero, calcareo. Il terriccio va mescolato ad alcune palate di compost e arricchito nell’autunno precedente la semina con una leggerissi­ma spolverata di concime (quello biologico si acquista ai consorzi agrari). Le radici dei piselli vivono in simbiosi con dei batteri, sembrano noduli bianchi, che fissano l’azoto dall’aria. Anche i fosfati sono forniti da funghi (che si trovano nel compost). I semi, bagnati la sera precedente, si mettono a dimora a inizio marzo, a tre dita di distanza l’un l’altro: bastano 7-8 gradi di calore nel terreno. Non temono gelate. Quando le piantine sono cresciute un palmo, preferisco­no terreno asciutto, perciò crescono male nelle primavere piovose. Le piante avranno bisogno di un sostegno. Appartengo­no alla famiglia delle Fabaceae, originarie dalle zone mediterran­ee. Ai piselli e alle altre fabacee dobbiamo gli inizi dell’agricoltur­a, 12.500 anni fa, nel Neolitico.

Ancora oggi troviamo piselli allo stato selvatico, ovviamente più piccoli e meno saporiti di quelli domesticat­i. Negli orti hanno però perso la divertente abitudine di lanciare lontano i propri semi quando il baccello si secca. Agli ortolani questa selvatica abitudine non garba, i baccelli — pieni — li vogliono raccoglier­e loro. Oggi ne conosciamo molte varietà: alcune con baccelli carnosi, chiamate taccole, poi le varietà dolci da consumare fresche, o quelle farinose che, seccate, si conservano a lungo.

Esistono persino piselli col baccello viola, per chi ama le stravaganz­e. Una pianta così antica e prolifica ha stimolato la fantasia degli umani, originando innumerevo­li leggende e usanze. Simbolo di fertilità, sono cibo degli sposi al pranzo di nozze; cotti e lanciati contro un muro, predicono, son quelli che vi restano attaccati, il numero di figli. Hanno buoni rapporti con le divinità; terranno lontano la grandine se si gettano alcune manciate di semi contro i vetri delle finestre. È il cibo preferito dal piccolo popolo che abita i boschi e segretamen­te anche le case. Non si possono mangiare piselli a Natale perché porta male. Messi in un sacchetto a Pasqua vanno sbattuti sui tronchi degli alberi da frutto per stimolarne la produzione. Nella medicina popolare hanno il potere di far sparire porri della pelle, guarire le ragadi al seno. Nella magia nera, infilati nello sterco umano, faranno venire foruncoli dolorosiss­imi sul sedere di chi l’ha prodotto. Queste sono solo alcuni degli usi di questo legume, raccolti in quattro fitte pagine nel Handwörter­buch des deutschen Aberglaube­ns (de Gruyter, 1929). La mia storia

preferita? La principess­a sul pisello.

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