Branduardi al Cristallo
Tappa altoatesina del cantante in duo con Valdemarin per «Camminando camminando 2018»
Alla soglia dei 68 anni Angelo Branduardi non ha niente da dimostrare eppure il concerto di martedì prossimo al Teatro Cristallo di Bolzano (ore 21) è ancora in grado di creare attesa e stupore. Il musicista cresciuto a Genova ha saputo creare una musica solo sua, punteggiata dal suono del violino e caratterizzata da rimandi e aperture ad atmosfere medievali e alle tradizioni delle musiche popolari. Negli anni ’70 il successo travolgente di album come Alla
fiera dell’Est (1976), La pulce d’acqua (1977) e Cogli la prima mela (1979) con le title track diventate autentici tormentoni conosciuti anche dai bambini delle generazioni a venire. Un intreccio unico tra musica colta e popolare che rende Branduardi immediatamente riconoscibile: la folta chioma, il particolare timbro vocale e le evoluzioni al violino lo consacrano il menestrello della canzone italiana. La sua carriera si srotola all’insegna della libertà artistica, che lo porterà a registrare un disco come Branduardi
canta Yeats (1986), dall’irrisorio successo commerciale al tempo dell’uscita ma dall’altissimo valore poetico e musicale. A Bolzano si presenta in coppia col polistrumentista Fabio Valdemarin per ripercorrere in Camminando camminando 2018 le tappe di una parabola lunga più di quarant’anni spaziando tra le canzoni di un repertorio davvero imponente. Impossibile non citare L’infinitamente piccolo (2000), album in cui Angelo omaggia la figura di S. Francesco, ma anche dischi come
Si può fare (1993), Domenica e lunedì (1994) e Il dito e la luna (1998), coi testi dell’amico Giorgio Faletti. Delle forme di questo appuntamento, per cui sono ancora disponibili i biglietti, ne abbiamo parlato con lo stesso artista. Quale libertà si concede nella scelta della scaletta per questo tour a due?
«La scelta è molto ampia ma condivido il palco con un musicista incredibile con cui suono da diversi anni e che mi dà la possibilità di mantenere un suono minimo colorando gli arrangiamenti. Quanto al repertorio mi rendo conto che certe canzoni quasi non mi appartengono più nel senso che i bambini non sanno chi sono io ma il topolino di
Alla fiera dell’Est lo conoscono tutti. Ci sarà un po’ di tutto, dai classici alle rivisitazioni di brani più ricercati». Ha qualche ricordo particolare legato a Bolzano?
«I ricordi sulla vostra regione sono tanti ma penso che proprio dal Teatro San Giacomo di Laives sono partito nel 2013 con la data zero del tour “Il rovo e la rosa” assieme a Maurizio Fabrizio. Quel tour a due ha avuto un grande successo in tutta Europa e quella formula per sottrazione mi ha permesso di riarrangiare alcuni brani che amo molto tratti dal disco Branduardi Canta Yeats».
Pescando all’interno della sua vasta discografia come valuta un album come «Altro Ed Altrove» (2003), a mio avviso poco riconosciuto?
«Un lavoro arrivato dopo l’enorme successo di L’infinitamente piccolo che obiettivamente era impossibile ripetere. Al solito ho fatto di testa mia musicando le poesie d’amore dei popoli primitivi e credo si tratti di un bell’album ma con una pecca: lo trovo un po’ algido perché in un delirio di onnipotenza lo abbiamo voluto suonare tutto in due assieme a Carlo Gargioni».
Ritiene ci sia una maggiore attenzione all’estero per la musica dal vivo?
«Direi di sì anche se fortunatamente la tendenza ultimamente è un po’ diminuita. La Germania rimane ancora un paradiso per suonare a livello di ascolto».