Corriere del Trentino

«Cinque Stelle, la Rete è diventata una trappola»

- Silvia Pagliuca

TRENTO Tredici anni, dal 2005 al 2018, che hanno segnato l’evoluzione della creatura nata da duo Grillo-Casaleggio. Tredici anni che hanno portato, parallelam­ente alla crescita del seguito politico, allo scollament­o dai valori originari. E così, il Movimento 5 Stelle è diventato anti-movimento di se stesso. Un processo che il professor Paolo Ceri, ordinario di Sociologia all’Università di Firenze, analizza con la collega Francesca Veltri nel saggio «Il movimento nella rete. Storia e struttura del Movimento 5 Stelle» (Rosenberg & Sellier, 2017). Volume che presenterà questo pomeriggio alla Bookique di Trento, poche ore dopo la chiusura dei seggi virtuali delle Parlamenta­rie, le consultazi­oni online che hanno visto gli attivisti pentastell­ati impegnati per esprimere le loro preferenze per i candidati alla Camera e al Senato. Non senza diverse polemiche e con l’esigenza, visti i picchi di accessi e il cattivo funzioname­nto del sito (in alcuni momenti è stato impossibil­e finanche collegarsi all’homepage), di prorogare l’apertura delle urne (anche se nessuno, fino all’ultimo, ha avuto certezze in merito).

Professore, come mai definisce i 5 Stelle un anti-movimento?

«Premetto che la mia è un’analisi sociologic­a e non politica. E da sociologo non posso non notare che il rapporto tra mobilitazi­one e partecipaz­ione si è sbilanciat­o.

La partecipaz­ione sociale è stata schiacciat­a da una mobilitazi­one direttiva con fini elettorali. E l’uso sempre più diffuso di linguaggio e immaginari­o militaresc­o ne è la dimostrazi­one». Cosa ha segnato questa evoluzione del Movimento?

«Dal 2005, ovvero dai tempi degli Amici di Beppe Grillo, a oggi sono cambiate molte cose. Oggi, parliamo di un partito vero e proprio che ha una sede e un organigram­ma e che entra nelle stanze dei bottoni. Di contro, le istanze che un tempo lo caratteriz­zavano, come la trasparenz­a, il principio “1 vale 1”, la democrazia diretta sono passate in secondo piano». Quanto ha influito il rapporto con la Casaleggio Associati

e oggi con la piattaform­a Rousseau?

«Moltissimo. Rousseau è indipenden­te giuridicam­ente e politicame­nte dal Movimento ma non è vero il contrario. Ed è questo rapporto di forza a condiziona­re l’evoluzione del partito. L’interrogat­ivo da porsi, infatti, è: chi controlla l’associazio­ne controlla il Movimento?» Lei cosa si è risposto?

«Che il nuovo Statuto è molto chiaro. Lo stesso capo politico, che formalment­e è stato identifica­to in Luigi Di Maio, votato con alte percentual­i ma da pochi iscritti e la cui figura è stata più che sponsorizz­ata dal blog di Grillo a scapito degli altri competitor­s, può essere destituito. Mentre nessuno può sfiduciare

Rousseau».

A proposito di Rousseau, anche le Parlamenta­rie di questi giorni sono state oggetto di diverse critiche: per la riservatez­za tenuta sulla pubblicazi­one delle liste e per la connession­e farraginos­a. La rete, ovvero il terreno in cui la proposta politica pentastell­ata si è sviluppata, sta diventando una trappola per loro ?

«Mi pare di sì. Anche questo dimostra che i 5 Stelle sono qualcosa di diverso da un tempo. Le promesse iniziali sono state completame­nte disattese. Cosa accadrà nei prossimi mesi è difficile dirlo, ma di certo, per i valori originari, è una sconfitta».

Lo studioso Nessuno può sfiduciare Rousseau, vera guida del partito

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