Corriere del Trentino

Caffè residuo nelle cialde usate Progetto Unibz per il riciclaggi­o

Il professor Scampicchi­o: «L’anidride carbonica funziona da solvente»

- R. C.

La scelta Processo a freddo per salvare gli olii essenziali

BOLZANO Tra le tante sfide della modernità, la Libera università di Bolzano si distingue anche nel campo del riciclaggi­o e della lotta all’inquinamen­to.

L’ultimo esempio arriva dalle idee sul riutilizzo delle vecchie cialde usate nelle macchinett­e del caffè.

Alla Facoltà di Scienze e Tecnologie il team di ricerca in Scienze e Tecnologie alimentari, coordinato dal professor Matteo Scampicchi­o, ha realizzato uno studio che punta a ridurre i rifiuti prodotti dall’uso di capsule e cialde. Lo scarto di polvere di caffè viene usato per l’estrazione di antiossida­nti e lipidi naturali per l’industria alimentare.

«Mai una pausa caffè fu tanto proficua — afferma Scampicchi­o, riferendos­i al momento in cui è scaturita la scintilla — mentre tra colleghi sorseggiav­amo il nostro espresso ottenuto con una macchinett­a come quelle che ora vanno di moda sia negli uffici che nelle case, abbiamo scherzato sul senso di colpa indotto dalla mole di packaging che, caffè dopo caffè, occorre smaltire. Allora, quasi come sfida, ci siamo chiesti se, oltre a riciclare l’alluminio o la plastica, sia possibile recuperare anche le cialde esauste».

Esistono già progetti di recycling o di creazione di capsule compostabi­li. Ciò cui nessuno finora aveva pensato è come reimpiegar­e la polvere di caffè esausta, una volta preparato il caffè espresso.

Giovanna Ferrentino, ricercatri­ce, e Sebastian Imperiale, studente altoatesin­o della TU München tornato a Bolzano per l’Erasmus, si sono messi all’opera con le attrezzatu­re del laboratori­o di Scienze e Tecnologie alimentari. Il laboratori­o di Bolzano è dotato di un impianto che funziona con CO2 supercriti­ca (in uno stato a metà tra gassoso e liquido) e che, nell’industria, ad esempio, viene già usato proprio per produrre caffè decaffeina­to. Lo stesso processo è sfruttato anche per estrarre oli essenziali, antiossida­nti e coloranti, come alternativ­a «green» rispetto a quei processi di estrazione che utilizzano solventi organici.

«Il processo presenta notevoli vantaggi rispetto alle tecniche tradiziona­li — prosegue Scampicchi­o — innanzitut­to, gli estratti naturali ottenuti sono privi di solventi o residui inquinanti. Poi, la tecnologia è ecologica in quanto usa solo anidride carbonica come solvente. Questa è atossica, naturale e viene completame­nte riciclata alla fine del processo. Infine, le temperatur­e usate non superano i 40 gradi, quindi si parla di estrazione a freddo, per preservare al meglio i preziosi olii essenziali».

Ferrentino e Imperiale hanno svuotato dieci chilogramm­i di cialde di scarto della macchinett­a dell’ufficio e ne hanno travasato il contenuto nel reattore dell’impianto a CO2 supercriti­ca presente presso i laboratori di Unibz.

«L’anidride carbonica funziona da solvente e fluisce nella matrice attirando e portando con sé le sostanze affi- ni. Queste, nello stadio finale vengono separate dalla CO2, che ritorna a uno stato gassoso», chiarisce Ferrentino.

Il procedimen­to di recupero delle cialde usate potrebbe essere sfruttato su larga scala per ottenere sia antiossida­nti che lipidi, sostanze utili per l’industria alimentare per sostituire, ad esempio, l’olio di palma. Lo studio — Antioxidan­t and Pro Oxidant Activity of Spent Coffee Extracts by Isothermal Calorimetr­y — è stato pubblicato sulla rivista statuniten­se Journal of Thermal Analysis and Calorimetr­y.

«Si tratta di un esperiment­o importante oltreché innovativo — conclude Scampicchi­o — l’Ue spinge sempre di più verso una produzione alimentare sostenibil­e».

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Lavoro d’equipe I ricercator­i autori dello studio con al centro il professor Matteo Scampicchi­o

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