Due trentini morirono nel dirupo Strada sicura: indagati scagionati
Tragedia di Campodazzo, morirono due trentini. Parte civile contraria
«La strada era del tutto rispondente alle norme tecniche». Questa la conclusione del perito Raffaele Mauro nella relazione richiesta dal giudice per le indagini preliminari Walter Pelino relativa alla dinamica dell’incidente di Campodazzo nel quale persero la via due giovani trentini.
BOLZANO «La strada in esame ha pendenze elevatissime, modesta larghezza della carreggiata ed il raggio della curva prossima al ponte di legno è di circa 10 metri: questo valore del raggio richiede una velocità di marcia dei veicoli a passo d’uomo o addirittura inferiore, prossima allo zero». Lo scrive il perito Raffaele Mauro, ordinario all’università di Trento di Costruzione strade, nella relazione richiesta dal giudice per le indagini preliminari, Walter Pelino, per chiarire la dinamica dell’incidente mortale del 19 novembre 2016 a Campodazzo, dove persero la vita due giovani trentini. Nell’ultima udienza davanti al giudice, il perito di parte civile, l’ingegner Fabio Boscolo, aveva sostenuto che sulla strada in questione sarebbe stata necessaria un’opera di adeguamento per migliorarne la sicurezza, come ad esempio l’installazione di un guardrail oppure anche solo di una barriera New Jersey, che avrebbe potuto fermare la marcia, alla velocità di circa 15 chilometri orari della Ford Fiesta — uscita di strada e caduta nell’Isarco — in cui si trovavano Alessandro Conti, 23 anni, e Giulia Valentini, 28 anni, le due vittime dell’incidente.
Il giudice Pelino, accogliendo questa richiesta di integrazione peritale avanzata dalla parte civile, aveva quindi chiesto al perito d’ufficio Raffaele Mauro di rispondere a un preciso quesito: «Esiste nel tratto di strada in questione una situazione di pericolo che necessiti un obbligo di intervento? ». Non si tratta di un quesito secondario, ma è anzi il fulcro dell’inchiesta che vede indagati, per presunte responsabilità colpose, il sindaco di Fiè, Othmar Stampfer, assieme a Christian Mair, presidente dell’associazione agraria che si occupa delle strade d’accesso ai masi della zona e Heinz Tschugguel, progettista dei lavori di messa in sicurezza effettuati nel 2009. In base all’esito della perizia dell’ingegner Raffaele Mauro, sul tratto di strada, non ci sarebbe alcun obbligo da parte del comune di Fiè o degli altri indagati di posizionare un guardrail in quanto si tratta di una strada interpoderale da percorrere a bassissima velocità.
«La strada — scrive il perito — era del tutto rispondente alle norme tecniche sull’impiego dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali». Il perito ricorda poi che «antecedentemente alla data del sinistro, risulta che non si sia mai verificato alcun incidente e non vi era alcuna condizione di pericolo concreto tale da richiedere un adeguamento delle protezioni della sede stradale». E aggiunge: «Tschugguel non era responsabile di attività tecniche sulla strada in questione, e l’apposizione di barriere sul tratto in questione non costituiva obbligo di sorta». Queste conclusioni scagionerebbero dunque gli indagati, ma la parte civile contesta comunque questa ulteriore conclusione, come spiega l’avvocato di parte civile Mauro De Pascalis: «Il perito del giudice ha ignorato le normative relative alle costruzioni dei ponti, che prevedono la costruzione di parapetti all’imbocco degli stessi. E in questo caso la protezione mancava. Non si può sostenere in alcun modo che il tratto di strada teatro della tragedia non fosse pericoloso».
La prossima udienza si terrà il 16 marzo, quando il giudice dovrebbe chiudere l’incidente probatorio.