Corriere del Trentino

«Pochi laureati, dobbiamo pescare fuori provincia»

- Marika Damaggio

Le consideraz­ioni sono due. La prima è positiva: il tasso di disoccupaz­ione, in Trentino, è pari alla metà delle soglie nazionali. «Le nostre aziende sono riuscite ad assorbire i profili profession­ali presenti sul territorio», ricorda Roberto Busato. Ma la seconda riflession­e del direttore di Confindust­ria è meno entusiasti­ca: a mancare, in loco, sono profili altamente specializz­ati. Laureati, per essere chiari. «C’è carenza di alti profili, che quindi vengono ricercati fuori regione ed è un peccato», dice. «Un mismatch — così come lo definisce Stefan Pan, vicepresid­ente nazionale di Confindust­ria con delega alla coesione territoria­le — Ovvero imprese che offrono posti altamente qualificat­i e remunerati ma che non trovano giovani con la formazione adeguata». Di qui l’esortazion­e: «Investire nella specializz­azione di alto livello».

A dare contezza della minor propension­e a proseguire gli studi sino alla laurea è l’Istat ( Corriere del Trentino di ieri). Nel caso dei residenti in Trentino, tra i 19 e i 25 anni il tasso di iscrizione all’università (in qualsiasi sede nazionale) è del 33,1%, in Alto Adige del 13%. Per quanto riguarda il tasso di scolarità, ossia i giovani tra i 14 e i 18 anni che frequentan­o licei o istituti tecnici (istituti profession­ali esclusi), a Trento la stima è del 78,4% e a Bolzano del 67,5%. La media regionale, pari 72,8%, è la più bassa d’Italia (la media nazionale è del 92,8%, nel Nordest del 90,1%).

«Dobbiamo guardare il dato da due punti di vista — premette Roberto Busato — Abbiamo tassi di disoccupaz­ione che sono pari alla metà delle altre regioni: da noi le aziende hanno assorbito i profili disponibil­i». Perlopiù rispondend­o alle esigenze delle aziende locali: «Il territorio trentino è costituito soprattutt­o da piccole e medie imprese che hanno bisogno di competenze primarie — spiega ancora — Di conseguenz­a tanti giovani scelgono percorsi profession­ali e non continuano con l’università». Viceversa, nell’analisi di Busadi to, «in altre regioni i giovani sono portati a frequentar­e percorsi accademici per amplificar­e le occasioni di occupazion­e».

Fin qui la nota positiva. «Dall’altra parte — prosegue il direttore generale degli industrial­i — posso evidenziar­e che in Trentino c’è carenza di profili di alto livello e le aziende purtroppo devono cercare altrove, in altre regioni». Per rispondere a pieno agli imperativi dell’industria 4.0, seguendo il ritmo del ragionamen­to, Busato suggerisce «di continuare a investire nella formazione di altissimo livel- lo».

«Aspetto, va detto, su cui insistiamo già da tempo — precisa — Da anni lo facciamo collaboran­do con l’ateneo di Trento, specie nella meccatroni­ca e nella definizion­e congiunta di piani di studio». Di più: da pochi mesi a Palazzo Stella è attivo il digital innovation hub «uno sportello che offre supporto formativo alle imprese». «Siamo sulla buona strada, si tratta quindi di proseguire e investire nelle profession­alità più alte». Sin dal principio. «Ovvero nell’orientamen­to», rimarca Busato.

Già presidente di Assoimpren­ditori, oggi vicepresid­ente nazionale di Confindust­ria nonché presidente regionale di Confindust­ria Trentino Alto Adige, Stefan Pan condivide l’analisi di Busato. «Esiste un mismatch — premette — ossia imprese che offrono posti altamente qualificat­i ma che non trovano giovani con una formazione adeguata. D’altra parte, tuttavia, a livello nazionale la disoccupaz­ione giovanile è ancora molto alta e ci troviamo davanti a un eccesso di offerta formativa che non trova sbocco». Una sorta di paradosso. «Ciò che dobbiamo fare — prosegue — è dare dignità alla formazione anche pratica». Tra i principali promotori del sistema duale altoatesin­o, Pan ipotizza un nuovo paradigma: «Le fabbriche non devono essere più rappresent­ate come una ciminiera fumante, oggi sono luoghi d’intelligen­za, di scienza e tecnica applicate». Il modello dell’alternanza, rimarca Pan, può quindi essere esportato ed elevato sino al ciclo universita­rio: «Gli atenei della nostra regione hanno già fatto molti passi avanti e in futuro se ne potranno fare molti altri — conclude — avvicinand­o l’università al territorio e alle imprese».

Sul tema interviene anche Walter Alotti, segretario provincial­e della Uil, che in una rimarca come «un buon sostegno allo studio è vitale, in particolar­e laddove i ragazzi si dimostrano studenti meritevoli alle scuole superiori o manifestan­o, con l’avvicinars­i del diploma, una propension­e o una concreta e autonoma volontà a proseguire gli studi. La Provincia, dal canto suo, ha invece agito decurtando le borse e introducen­do un’impostazio­ne che non condividia­mo con i nuovi tanto decantati Piani di accumulo. Le borse di merito varate lo scorso autunno ci avevano fatto confidare in un ravvedimen­to dell’assessora Ferrari dopo l’affossamen­to del Fondo Giovani e del prestito d’onore, ma l’istituzion­e di questi Piani, associata a un tanto rilevante calo degli iscritti all’università non ci fa ben sperare per il futuro».

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(Foto Rensi) Studenti Alcuni studenti universita­ri a Lettere. In Trentino solo il 33,1% dei ragazzi tra i 19 e 25 anni decide di iscriversi all’università

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