Corriere del Trentino

Il Dream team fatto di profughi «Siamo felici»

- Damaggio

Sono uniti da due cose: l’attesa dello status e l’amore per il basket. Si presentano così i giocatori della prima squadra interament­e composta da richiedent­i asilo. «Respiriamo un clima felice» dicono.

TRENTO La pronuncia è perfetta, ma per non farsi tradire dall’emozione ha scritto qualche pensiero su un biglietto che sfodera dai jeans. «Mi chiamo Alì, ho 22 anni e arrivo dal Mali. Sono qui da un anno e quattro mesi e non avevo mai giocato a basket in vita mia. Ma oggi ho imparato e sono contento perché è bello respirare un clima felice con i miei compagni. Grazie a chi ci ha coinvolti».

Sbarcato a Lampedusa, poi arrivato a Trento, Alì ha già un ruolo definito. «Difensore», dice con orgoglio mentre invita tutti ad assistere alla partita di giovedì, alle 21.30 a Gardolo.

Ad ascoltarlo, in prima fila nella sede del Cus, ci sono altri componenti della squadra. Quasi tutti sono accolti a Trento, nella residenza Fersina. Hanno un’età compresa tra i 19 e 22 anni, provengono da Paesi diversi e a unirli sono due cose: l’attesa dello status e l’amore, appena nato, per uno sport fino a qualche mese fa del tutto estraneo. Il basket, s’intende.

«In verità io da piccolo sognavo di diventare un campione dell’Nba; vedevo le partite in tv, soprattutt­o del Chicago — racconta Moussa Konate, 20 anni, originario della Guinea Equatorial­e —. Nel mio Paese però non ho mai giocato, ho imparato tutto qui». Mesi di allenament­o e oggi il campionato. Fra tutti spicca per la statura. «Siamo tutti alti in famiglia — precisa con un ampio sorriso —. Sono un attaccante, faccio anche le schiacciat­e». Dopo otto mesi di viaggio, «a piedi, in macchina e di nuovo a piedi», Moussa ha varcato i confini della Libia, per poi sfidare il mare. «Sono arrivato a Crotone il 28 giugno 2017, un anno e sei mesi fa» dice ancora. Undici ore di viaggio, alla mercé delle onde. Qui il volto s’increspa: «È stato un viaggio difficile, la barca era piccola, di plastica».

Anche Balde Mohamed, 19 anni, arriva dalla Guinea Equatorial­e. «Sono arrivato a giugno dello scorso anno, in Sicilia», spiega. In Africa restano due fratelli. Ma le notizie che arrivano sono poche. «Di mio fratello maggiore non so più niente».

Vent’anni, da sei mesi a Trento. Bobo D’iallo Mamadou è l’unico che in Guinea s’era già avvicinato al basket. «Giocavo con la squadra della mia scuola, avevamo anche una specie di campionato con altre scuole, un torneo». Un’esperienza che l’ha subito portato a interessar­si agli allenament­i. «Ho visto che erano bravi, ho voluto provare». Un esercizio non solo fisico, persino utile per migliorare l’italiano (già molto buono dopo pochi mesi). «Tutti dobbiamo imparare la lingua e studiare — conclude —. Ho terminato gli studi a tredici anni, ora voglio prendere il diploma di terza media».

 Storie diverse Moussa Konate ricorda «Sognavo l’Nba» Bobo D’iallo Mamadou «Voglio studiare»

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Sorridenti Alcuni dei giocatori

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