Corriere del Trentino

Profughi e basket, nasce il dream team

Al Cus una squadra formata interament­e da richiedent­i asilo: esordio in promozione Silver

- Marika Damaggio

TRENTO Quando l’Aquila Basket ha lanciato il progetto, ormai due anni fa, i ragazzi arrivati ai primi allenament­i non avevano mai visto una palla a spicchi. Il senso di «Basketball: world in a world» era un altro: sfruttare la forza propulsiva dello sport per includere, avvicinare, irretire relazioni tra richiedent­i asilo e comunità trentina, uscire dalle strutture di accoglienz­a per qualche ora di svago. Il tempo speso sotto il canestro e la dedizione verso una disciplina appena conosciuta hanno fatto il resto: oggi il progetto s’è evoluto e, con il coordiname­nto del Centro universita­rio sportivo di Trento (Cus), i tredici ragazzi sono ufficialme­nte una squadra. Precisamen­te si tratta della prima formazione di basket, in Italia, interament­e composta da richiedent­i asilo.

Due allenament­i in settimana nella palestra del liceo Leonardo da Vinci e partite durante il weekend (salvo anticipi): l’esordio nel campionato di promozione Silver è dello scorso autunno e, su otto match, le vittorie raggranell­ate sono già tre. Ma non è il risultato del tabellone, ad oggi, il principale successo. «Per noi questo è il dream-team; non la squadra dei sogni bensì il sogno di avere una squadra: un primato nazionale di cui siamo orgogliosi» ha premesso Paolo Bari, responsabi­le Cus per il basket.

A presentare la squadra, nella sede del Cus, ieri c’erano tutti i promotori: ateneo di Trento, Aquila Basket, operatori della cooperativ­a Kaleidosco­pio per la residenza «Fersina», fondazione Comunità solidale. Con loro, a sostegno dell’idea, anche Provincia e Federbaske­t. «Perché questo — ha proseguito Bari — è un progetto condiviso».

Solitament­e sono gli studenti universita­ri a comporre le squadre sotto l’egida del Cus, ma in questo caso s’è deciso di fare qualcosa di nuovo, rispettand­o la filosofia delle politiche di equità promosse dall’ateneo (e confluite in un piano triennale di azioni positive per ridurre le discrimina­zioni d’ogni genere). «Abbiamo così creato una squadra vera, iscritta a un campionato vero e che rispetta le stesse regole delle altre formazioni» ha sottolinea­to Bari. Un’iniezione di normalità per consentire, a chi attende il riconoscim­ento dello status sia di evadere momentanea­mente da una quotidiani­tà complessa sia di sviluppare senso di appartenen­za.

In principio, come detto, a promuovere l’avviciname­nto dei richiedent­i asilo alla pratica del basket fu la Dolomiti Energia basket che negli ultimi mesi ha coinvolto anche il Cus. Ma la società resta protagonis­ta dell’avventura. «E lo facciamo con grande orgoglio» ha rimarcato Luigi Longhi, presidente dell’Aquila Basket. «Sebbene non sia un momento felicissim­o, per noi — ha aggiunto Longhi — l’impegno che dedichiamo al territorio trova un ulteriore sigillo». Il coach della squadra è Moussa Dia, allenatore anche delle sezioni giovanili dei bianconeri e ad affiancarl­o c’è Nicola Bonelli che ha seguito sin dal principio i tredici ragazzi della squadra.

Sia chiaro: non sono mancate le difficoltà burocratic­he, specie per il tesseramen­to. Ma con Federbaske­t s’è trovata la soluzione e via via si cerca di affrontare ogni complicazi­one.

«Resta il fatto — ha concluso Sara Ferrari, assessora provincial­e alle pari opportunit­à — che questa esperienza sarà un modo intelligen­te per favorire la conoscenza reciproca: lo sport sarà la miccia per l’incontro diretto con storie e vissuti». Senza filtri, sullo stesso campo.

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(Foto Rensi) Protagonis­ti La conferenza di presentazi­one della squadra di richiedent­i asilo

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